martedì 15 ottobre 2019

SATURNO - Maestro di Giustizia


Intervento tenuto giovedì 23 maggio 2019, presso lo Studio Novelli, Genova.



Saturno, mito e pianeta, gode a tutt’oggi di ottima fama; al di là di quella più nota al vasto pubblico, relativa alle indagini della missione spaziale Pioneer 11 prima, e della Sonda Cassini poi, intorno al pianeta, c’è un vasto interesse per Saturno, mito e divinità; negli ultimi decenni sono stati pubblicati non pochi libri, saggi e articoli su questo argomento, e cito volentieri due testi, uno a motivo del successo che ha avuto, che continua ad avere, e dei dibattiti che ha sollevato, il testo di Klibansky, Panofsky, Saxl, Saturno e la melanconia, pubblicato in italiano nel 1983 da Einaudi, derivato dall’edizione inglese del 1964, ma con alcune integrazioni rispetto a quella, e che ha originato poi, nel 1990, una traduzione in tedesco, con ulteriori aggiunte; oggi è considerato un testo chiave per chi voglia addentrarsi in questa tematica, che oscilla fra mitologia, filosofia e psicoanalisi, con il sostegno dell’arte nelle sue differenti espressioni, e che sostanzialmente indaga sull’aspetto di Saturno, oscuro pianeta, che induce verso la malinconia ed anche verso sublimi capacità; il secondo, uscito nel 2012, per i tipi della Giuntina, a cura di Moshe Idel, il più grande studioso vivente di mistica ebraica e di Cabalà, Gli ebrei di Saturno, e che ha avuto risonanza e vivace dibattito, sia presso gli studiosi di storia ebraica, sia presso gli studiosi di mistica e di mitologia, e infine presso gli astrologi, almeno quelli che non fanno dell’astrologia una mera pratica divinatoria[1], e che oggi, a dire il vero non sono più così pochi; il testo indaga su una relazione che ha contribuito a considerare gli ebrei negativamente, laddove a Saturno si attribuiscono qualità negative e persino malvage, tesi maturata anche all’interno dell’antigiudaismo cristiano, che estendeva la negatività saturnina alla negatività dei perfidi giudei, e qualità positive, attribuendo al concorso del pianeta un grande stimolo intellettuale, idea maturata all’interno di pensatori cabalistici, di provenienza sia ebraica sia cristiana, e all’interno di una buona parte dell’astrologia medievale e rinascimentale, ed in parte oggi ripresa dalle nuove correnti astrologiche.

I risvolti della risonanza di questi due testi sono già un indizio dei risvolti stessi della complessa figura di Saturno, che, nel corso di questi millenni, ha coinvolto le religioni pagane, le religioni monoteistiche e l’induismo, la filosofia, la letteratura e in modo più appariscente l’astrologia[2], e che ha avuto una copiosa illustrazione nella arti figurative[3].
L’avere scelto soprattutto quei due testi, come indicazione primaria, ma non unica, è conseguente al fatto che indubbiamente sono stati i due testi che hanno prodotto maggiori e più ampie riflessioni in questi ultimi anni, ed anche al fatto che sono quelli che più mi hanno stimolato nell’indagare questo specifico tema. 
A questi testi accosto alcuni affreschi del Vasari, a Palazzo Vecchio, a Firenze, nella Stanza, chiamata “Stanza degli Elementi”, e nell’adiacente terrazzo, eseguiti per celebrare Cosimo I de’ Medici, fra il 1555 e il 1570, su commissione dello stesso Granduca; si tratta di dipinti ricchi di simbolismo, ai quali ne aggiungerò qualche altro ancora, coevi, perché il ‘500 rappresenta uno snodo fondamentale per comprendere l’evoluzione degli aspetti di Saturno, e per giungere quindi alla comprensione dell’attributo, proprio di questa indagine.


Nel primo, che prendiamo in esame, abbiamo la raffigurazione di Saturno che riceve le primizie della terra. Questo Saturno appartiene alla più antica tradizione, quella di divinità agricola di origine latina, che esisteva molto tempo prima che si mescolasse con l’analoga divinità, importata dalla Grecia, Cronos, ma assolutamente non simile. In questo affresco possiamo vedere Saturno omaggiato dalle primizie della terra; soffermiamoci ad osservare l’immagine: Saturno è rappresentato come un vecchio con la barba, tiene in mano una sorta di oruboro, simbolo della natura ciclica di tutte le cose, quindi metafora del Tempo; ai suoi piedi una falce e una vanga, e accosciato accanto a lui un caprone; tutta una simbologia che dall’età classica transita fino al Vasari, ed reperibile nelle più differenti arti; tutto intorno al vecchio, la natura è rappresentata festante, gli tributa onore e lo omaggia dei doni della terra, di cui evidentemente è Signore. 
Bellissima allegoria che appartiene ad una storia di antichissima tradizione, di cui troviamo contezza nel testo, coevo agli affreschi di Vasari, il famoso libro di Vincenzo Cartari, pubblicato nel 1556, Le imagini con la spositione de i dei de gli antichi, un vero e propri trattato sull’iconografia delle divinità classiche, che ebbe per secoli una fortuna eccelsa, con traduzioni in molte lingue, e che tuttora rappresenta una fonte preziosa per chi si accosta agli studi classici o artistici, e soprattutto di mitologia[4]. L’iconografia indicata in questo testo, dall’epoca romana fino al ‘500, ribadisce gli stessi elementi cui fa riferimento Vasari, sia per questo affresco di Saturno signore della Terra, sia per quelli che analizzeremo successivamente. La figura di Saturno è la prima che Cartari affronta, a ragione del fatto che lo considera il primus, colui da cui tutto proviene agli uomini, e lo descrive prendendo a prestito Virgilio, che liberamente traduce:
Il primo fu Saturno che, disceso
Da l’alto dei cieli fuggendo il figlio Giove 
E a forza privato dei suoi regni.
Venne a mostrar a gli uomini, ch’allora
Come le fere andavano dispersi
Per gli alti monti, il modo di raccorsi
Insieme e d’ubbidir a certe leggi.
Saturno, così tanto interpretato anche dai miei contemporanei, difficilmente viene illustrato nell’aspetto qui specialmente indicato, ovvero di colui che ha insegnato a ubbidir alle leggi. E, se per caso fosse sfuggito ad un lettore frettoloso il riferimento assai preciso, Virgilio, con il suo traduttore, insistono:
E il paese ove a principio ci stette
Latente fu perciò chiamato Lazio.
Sotto il governo di costui si dice
Che fu il felice secolo dell’oro
Così reggeva ei giustamente i suoi 
Popoli, dando lor ripose e pace.

Saturno, insegnò ad ubbidire le leggi, e reggeva ei giustamente i suoi popoli. Cosa insegnò dunque Saturno a quegli uomini che come fere andavano dispersi per monti? Insegnò l’agricoltura, a coltivare i campi, a far fruttare la terra, la letteratura classica ce lo ripete con continua precisione; l’agricoltura necessita di regole, le più evidenti sono quelle legate al rispetto del tempo stesso della Natura, e poi ci sono quelle derivanti dalla proprietà, dalla convivenza di differenti proprietà, e infine quelle che regolano il commercio, come potremmo ben leggere in tanti autori latini, in primis in Cicerone, sia nel De legibus, sia nel De officis, senza contare i riferimenti in varie sue orationes[5].
L’agricoltura segue il tempo della Natura, superfluo qui citare Lucrezio e il suo De rerum natura, ha bisogno di impegno assiduo, di regole precise, genera il commercio, che ha bisogno di altrettante regole. Ed è nella vita agricola che si estrinsecano le grandi virtù, come sostiene Cicerone nel De Officis, e con ancora maggiore puntualità nella Pro Roscio Amerino, 75, vita autem haec rustica quam tu agrestem vocas parsimoniae, diligentiae, iustitiae magistra est, questa vita dei campi che tu definisci selvaggia (ma rusticus è anche semplice, ingenua) è invece maestra di operosità, di parsimonia, e di giustizia. Quell’immagine di Saturno poeticamente proposta da Virgilio, con le assonanze ciceroniane, la ritroviamo molto simile, nel Salmo 104, 13-15:
Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
con il frutto delle tue opere sazi la terra. 
Fai crescere il fieno per gli armenti 
e l’erba al servizio dell’uomo, 
perché tragga alimento dalla terra: 
il vino che allieta il cuore dell’uomo; 
l’olio che fa brillare il suo volto 
e il pane che sostiene il suo vigore[6].
Il Canto di David è rivolto a Dio; si adombra dunque la descrizione di un Saturno molto simile a Jahvé, o viceversa; subito dopo, infatti, ai versetti 19-22, si delinea il fattore “Tempo”, che rimanda ancora a Saturno:
Per segnare le stagioni hai fatto la luna 
e il sole che conosce il suo tramonto.
Stendi le tenebre e viene la notte 
e vagano tutte le bestie della foresta; 
ruggiscono i leoncelli in cerca di preda 
e chiedono a Dio il loro cibo. 
Sorge il sole, si ritirano e si accovacciano nelle tane.

Queste assonanze fra Jahvé e Saturno, come indica Idel, nel suo volume, insieme ad alcuni altri passi della Bibbia, avevano generato l’idea di una sorta di legame fra ebrei e Saturno, ma come si può evincere i sottesi sono molti, fra cui Saturno-Jahvé.
L’immagine di un tempo felice nella vita agricola, dove si alimentano le virtù, la giustizia, la pace, pervade la latinità, e si guarda ad una mitica età dell’oro, non a caso governata da Saturno, Saturnia regiacome la definirà qualche anno dopo Virgilio nell’Eneide, a più riprese: il tempo mitico, in cui l’agricoltura è la base stessa della civiltà, il tempo in cui si formò l’Italia, definita esattamente Saturnia TellusTerra di Saturno. Per questa ragione molti ritengono che il nome Saturno derivi da satus, l’azione del seminare, e/o da satur, il seminatore, ma è pur vero che la radice Satus Satur è radice abbastanza comune in molti popoli antichi: in etrusco Satre, nell’antico anglosassone Saeter, sono radici che indicano un dio primigenio e un’età di beatitudine e di giustizia; nell’antico germanico Satjar era il nome dato al pianeta Saturno, l’ultimo dei pianeti, venerato presso alcune popolazioni germaniche come padre del mondo stesso; la radice si trova anche nel mondo vedico-induista, SathSathySathuysSathyur, che origina il binomio Sathya Yuga per indicare l’età del bene, l’età buona, l’età dell’essere, laddove ognuno è in sé, nella giustizia del mondo e di tutto il creato. Nei nomi, Saturni diesSatur-day, e nel Sabato degli ebrei, Shabath, che con una piccola annotazione vocalica diventa Shabbat, da cui il nome proprio medievale Shabbatai, è anche il nome dato dagli ebrei a Saturno, che origina nella cultura medievale anche Sabba, il rito demoniaco; così possiamo valutare come si accosti elemento positivo e elemento negativo nel percorso dei nomi, ma omen nomen, c’è ancora un comune denominatore, che non va sottovalutato; a proposito di Shabath, sabato, settimo giorno, giorno del riposo: nella Torah, i libri della Legge, sono indicate 39 attività proibite, durante l’obbligo del riposo di quel settimo giorno, il Sabato, che sono riconducibili a tre grandi settori, ovvero attività agricole (seminare, raccogliere, legare covoni), attività domestiche (come tessitura, filatura, trasporto di materiali da fuori a dentro casa e viceversa, accendere e spegnere il fuoco) e infine attività commerciali; vi troviamo elencati gli ambiti del dominio di Saturno; ma se affondiamo lo sguardo nel mondo dell’Antico Testamento troveremo scritto in Esodo 34-36…Porterai alla casa del Signore, tuo Dio, la primizia dei primi prodotti della tua terrae così torniamo all’immagine simbolica del Vasari.
Da questo imperativo divino ha origine la festa di Shavuot (e siccome la B e la V sono in ebraico con la stessa dizione, cambia solo l’indicazione vocalica, è evidente che siamo ancora di fronte alla radice semitica S B T). Tale festa transita nel Cristianesimo come Pentecoste, a ricordo non soltanto della discesa dello Spirito Santo, come ormai è usanza ribadire, ma anche come festa dell’inizio del raccolto - aspetto questo ormai dimenticato, perché raccogliamo praticamente tutto l’anno - e infine della celebrazione del dono della Legge. Shavuot e Pentecoste hanno storicamente legato il rito alla ciclicità del prodotto della Terra alla Legge; il monoteismo, ebraico e cristiano, è caratterizzato dalla Legge, dono divino agli uomini.
Una interessante ricerca di Arturo Reghini su Saturno nella tradizione italico-romana[7]e un pregevole lavoro di Giuseppe Pucci su Saturno, il lato oscuro[8], entrambi molto affascinanti, ci portano a spasso fra Oriente e Occidente per ritrovare Saturno sotto tanti nomi simili, o sotto altre vesti, e alla caccia delle differenti tradizioni afferenti a questo mito; non è questa la sede per fare un’indagine mitologica delle differenti culture antiche, tuttavia bisogna tenere conto che la mitologia è la rappresentazione di una condizione umana collocata nell’Universo, divino o no, poco importa, e che diviene memoria collettiva, simbolo di riferimento, talché a noi ora importa, per quanto attiene le valenze saturnine, che possiamo indicare in una divinità agricola, signore del Tempo, regolatore di Giustizia, e che, nel prosieguo dei tempi, questa figura è stata caricata di una doppia valenza, positiva e negativa, ma la valenza di giustizia nel bene o nel male, lei è sempre stata connessa. Idel dedica non poco spazio e un’ampia documentazione su questa valenze di Saturno, fino a giungere a sottolineare, come il movimento messianico di Sahabbatai Zevi, fra ‘400 e ‘500, si ispirasse a Saturno, che avrebbe sostenuto gli ebrei nella loro liberazione e nell’affermazione della nuova età messianica, ovvero di una nuova età dell’oro, con le caratteristiche della primigenia età dell’oro[9], prima del peccato originale, regolato solo dalla Giustizia Divina. Saturno incombe da molto lontano, nello spazio e nel tempo, per celiare un poco, come ebbe a cantare Brassens…il porte un joli nom, Saturne, mais c’est un dieu fort inquientant[10].
E, mi allargo un poco per avviare un altro filone di riflessione, ripartendo dall’agricoltura, che si fonda sulla coltivazione o più brevemente, come soprattutto oggi si dice, sulla coltura, che è analogia schietta della culturacultura animi philosophia estafferma Cicerone, nelle Tusculanae, e credo sia il primo a definire la cultura come coltivazione dell’anima, e dar vita a questo termine, riferendosi allo Spirito Umano, che è ormai di uso comune. Heidegger, prendendo spunto da questo passo ciceroniano, e all’analisi del sostantivo “cultura”, e di quanto nella filosofia umanistica, fondandosi sui nuovi studi filologici e glottologici dell’800 e del primo ‘900, dove si era sostenuto, che legere, per i latini aveva la stessa valenza sia nell’intendere legare i covoni sia leggere un libro, afferma che questo intendimento era il segnale del passaggio dalla filosofia greca, intesa come amore della saggezza, alla filosofia romana, intesa quasi come una tecnica, passaggio chiave nella storia dell’Occidente dalla Theoria alla Praxis: laddove i greci ardono per una passione, i romani ardono per il profitto, ma con questa sottolineatura in realtà il grande filosofo contemporaneo altro non fa che riconoscere il ruolo di Saturno, padre dell’agricoltura e della giustizia, ovvero che i romani sono regolatori, infatti per “mettere in pratica” occorrono regole e leggi, che infine diventano limiti, e su quest’altro aspetto del limen, soglia oltre la quale cambia qualcosa, confine che distingue fra dentro e fuori, fra un terreno e un altro, fra proprietà privata e proprietà pubblica, e infine limite estremo fra vita e morte, il rimando a Saturno, al Diritto Romano e alle leggi sabatiche degli ebrei è immediato. E sul limen ultimo, Cicerone sostiene che tutti hanno grande preoccupazione per ciò che avviene dopo la morte, limen insuperabile, e rammenta che si vive nella memoria di chi resta, proposito che prelude a quanto, più chiaramente ed inequivocabilmente, sosterrà Stazio quando afferma pianta alberi, che frutteranno nella generazione successiva. Gli alberi travalicano le generazioni, piantare un albero è lasciare memoria di sé[11]: il vecchio Saturno con la falce, simbolo di morte, è nell’iconografia contornato da alberi, seduto sotto un albero, appoggiato ad un albero. L’albero e il legno rappresentano un elemento sul quale vale la pena di soffermarsi, perché l’albero è il simbolo più evidente del frutto che può dare la terra, e entrando in un piccolo conflitto con Heidegger, mi permetto di sottolineare che per quanto ci voglia tecnica nell’agricoltura, nulla si può senza la collaborazione della Natura[12], e del rispetto delle sue regole[13]. Dall’albero e dal legno torniamo al punto da cui partimmo, ovvero il ruolo di Saturno, divinità sacra ai latini, e non soltanto, per questo stretto legame fra Natura e uomo, inseriti nel Tempo, nella ciclicità, nel limite spaziale in cui ogni uomo è collocato, nell’eterno fluire, dal macrocosmo al microcosmo e viceversa, seguendo regole, che sono prima di tutto ontologiche. Saturno incombe con la sua falce, ed è forse superfluo ricordare che nel mondo cristiano la morte è rappresentata con la falce, la morte che rende a tutti eguale sorte, riportando ad una Giustizia essenziale[14].
Il legno, simbolo della Natura e della Cultura, è un continuum nella storia umana, almeno fino all’arrivo della plastica.


Osserviamo un affresco di Vincenzo Foppa, pittore attivo fra ‘400 e ‘500[15], per ribadire la continuità di questo concetto, quando subentrò il libro cartaceo, derivato anch’esso dal legno dell’albero. In questo affresco si rappresenta Cicerone fanciullo, come si può ricavare dalla molto raffinata indagine su questo dipinto operata nel 2016, da Fabrice Hajadj[16]Cicerone seduto davanti a una finestra, le gambe curiosamente divaricate e il volto chino su un libro che tiene con la sola mano sinistra mentre la destra è appoggiata sulla coscia; la testa tutta intera è inquadrata nel contrasto con il nero delle fronde degli alberi sullo sfondo. Il legame tra gli alberi e il libro è quello della carta, e se si aggiunge il legno della panca sulla quale siede il giovane Cicerone, allora tutto l’atto della lettura è circondato dalla presenza discreta del vegetale[17]. La cultura è transitata attraverso il legno: dall’Arca al Cavallo di Troia, dalla Croce sul Golgota alle Caravelle di Colombo, il legno ha segnato la storia dell’umanità, e il legno è parte integrante nella storia dell’agricoltura, e da tutto ciò che da essa proviene. 

I latini, prima ancora di essere i Romani, adoravano Saturno, signore dell’agricoltura, dei beni che questa produce, ed è quasi certo che a Saturno abbiano dedicato in Campidoglio il primo Tempio, anche se si tende oggi a dare la precedenza al Tempio di Giove[18], che fu comunque edificato nel 497 a.C., consulibus Sempronio Atratino et Minucio Augurrino, anche se di un Tempio a Saturno si parla già in età regia, che divenne immediatamente sede del tesoro di Stato. Questa scelta rimanda alla tradizione che chiamava aurea l’età in cui Saturno aveva educato gli uomini all’agricoltura e alla Legge. Tradizione così robusta che la troviamo ribadita nell’Egloga IV di Virgilio, quella poi assunta come profezia del cristianesimo Iam redit et Virgo, redeunt Saturnia regnadella quale Dante accoglie la lettura profetica, e considera quell’età dell’oro, Saturnia regia, il caposaldo della Giustizia, e dunque rinnovabile da un potere politico nemico della cupidigia, ovvero l’Impero, come possiamo leggere nel Convivio (IV, IV, 4), ma non pago di questa lettura più materiale e contingente, Dante si spinge ancor più avanti, arrivando a immaginare che in quell’età dell’oro si intravvede il Paradiso Terrestre…quelli ch’anticamente poetaro / l’età dell’oro e suo stato felice / forse in Parnaso esco loco sognaro (Pg. XXVIII, 139-141). Dall’età dell’oro, nel governo pacifico della giustizia di Saturno, siamo giunti così alla visione cristiana, a cui fa riferimento Dante, che riteneva quell’età fosse quasi una prefigurazione del Paradiso Terrestre, e per questo pone, nel Paradiso, il Cielo di Saturno immediatamente prima del Cielo delle stelle fisse, sede della Scala d’oro, concezione che evidentemente poggiava su una consolidata tradizione; e per esplorarla un poco più a fondo, ritorniamo di nuovo a Roma, alle feste della durata di una settimana, durante le quali si festeggiava Saturno, chiamate SaturnaliaQuesti festeggiamenti si svolgevano nei giorni compresi fra il 17 e il 23 dicembre ed erano una serie di riti religiosi, la cui memoria si perdeva nel tempo, provenienti da un articolato insieme di antiche festività agricole; successivamente si era passati ad una più complessa serie di rituali, ai quali si accostava comunque una componente mondana, costituita da banchetti, talvolta così sontuosi che nel 161 A.C. si era ricorsi alla promulgazione della lex Fannia, che limitava la spesa per ogni banchetto, tuttavia si trovò presto il modo di aggirarla. Vi erano poi le feste per le strade che assumevano una ritualità carnascialesca, e in un giorno di quella settimana la festa diventava espressione del mondo alla rovescia, gli schiavi potevano travestirsi e fingersi padroni, e così via. Tutto questo aveva termine con il Solstizio, quando si festeggiava il dies natalis, ovvero la rinascita del Sole, e che successivamente, nel periodo dei Severi, divenne, unendosi con i nuovi culti orientali, soprattutto quello di Mitra, la festa del Sol Invictus. Si adombra in questa corrispondenza fra Sole e Saturno la visione del più vicino Sole con il più lontano Saturno, che sottende l’idea di vita e di morte, che ritroveremo in tempi successivi. A parlarcene è il poeta latino Macrobio[19], che si dilunga nella descrizione di questa festa, e qui abbiamo una prima indicazione; Macrobio si sente profondamente erede della latinitas, e raccoglie nella sua opera brani soprattutto di Ennio e di Virgilio, ma anche di moti altri antichi autori, alcuni dei quali non ci sono pervenuti; scrive nel periodo in cui Teodosio sta riorganizzando l’Impero e suo figlio Onorio ha appena trasferito la capitale a Ravenna e nel 410 c’era stato il sacco di Roma, ad opera dei Visigoti. Macrobio avverte che si sta perdendo una grande parte dell’identità latina, che il cambiamento allontana dalla tradizione e dalle radici della cultura e della civiltà latina, e scrive per lasciare memoria, prima che tutto svanisca. Macrobio ci dice una cosa molto importante al passo 7.18 “Saturnaliorum originem illam mihi in medium proferre fas est, non quae ad arcanam divinitatis naturam refertur, sed quae aut fabulosis admixta disseritur aut a physicis in vulgus aperitur. Nam occultas et manantes ex meri veri fonte rationes ne in ipsis quidem sacris enarrare permittitur, sed si quis illas adsequitur, continere intra conscientiam tectas iubetur. Unde quae sciri fas est Horus noster licebit mecum recognoscat.” “In merito all’origine dei Saturnali il diritto divino non mi permette di rivelare nozioni connesse con la segreta essenza della divinità; posso solo esporne la versione mista ad elementi mitici o divulgata dai fisiologi. Quanto alle origini occulte e promananti dalla fonte della pura verità, non si possono illustrare nemmeno durante le cerimonie sacre; anzi, qualora si giunga a conoscerle, è obbligo tenerle ben nascoste dentro di sé”. Si tratta di una dichiarazione importante, ci rivela infatti che i Saturnali avevano acquisto, nello svolgersi dei secoli, un livello popolare e uno esoterico, nascosto, misterico; non mi addentro più di tanto in questo argomento, che ci porterebbe molto lontano, ma indico che dai Saturnali, insieme con molta probabilità al culto di Mitra, ma non solo, a partire dal VI secolo della nuova era, si definisce il Natale Cristiano; la prima menzione della ricorrenza della natività del Cristo risale molto prima, al 336, ma sappiamo da un dettato di Papa Leone, del 460, che i due riti, quello antico rivolto al Sol Invictus e quello Cristiano coesistevano ancora; così da una parte abbiamo la preoccupazione di Macrobio per un mondo che declina, e dall’altra quella di un Papa per quell’antico mondo non ancora declinato del tutto. Solamente dal secolo successivo abbiamo ormai certezza che la festività del solstizio-natività, fissata definitivamente al 25 dicembre, è totalmente cristiana, anche se si festeggia esattamente come si festeggiava prima, con banchetti e scambio di doni, solamente era cambiata la modalità di culto che da Saturno e dal Sole, era transitata alla ricorrenza della nascita Gesù. Siccome nessuno aveva la data certa della nascita del Cristo, l’operazione di individuarla nel giorno di fine dei Saturnali, ha il ben preciso significato di riuscire a sostituire nella tradizione popolare una ricorrenza talmente radicata che non poteva essere evitata o totalmente rimossa; l’unica possibilità era integrarla; e Saturno si prestava molto bene a questa operazione di sincretismo, infatti il dio pagano simbolo di Giustizia, aveva caratteristiche così profondamente simili a quelle della figura del Cristo, per questo possiamo leggere nella lettera di San Paolo ai Romani 3,21-22…Ora però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, della quale danno testimonianza la legge e i profeti: vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesú Cristo, per tutti coloro che credono - infatti non c’è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio - ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesú. Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesú. Mirabile questa operazione di sincretismo[20]. Ritorno all’interessante lavoro di Pucci, Saturno e il lato oscuro, laddove si segnala che il sacrificio di sangue di Gesù rimanda a quei Saturnali, ormai congiunti al culto di Mitra, e che avevano un rituale segreto di sacrifici di sangue, come sappiamo da alcune iscrizioni del Nord Africa, dedicate a Saturno, dove si parla di agnello sacrificale e si aggiunge anima pro anima, sanguine pro sanguine, vita pro vitache indica riti sostitutivi ovvero l’utilizzo di un agnello invece di un essere umano, e a tutti è ben noto il transitare dell’agnello nella tradizione cristiana: Gesù porta un agnello sulle spalle, che non è senso materiale di amore per l’animale, come molti oggi immaginano, ma simbolo sostitutivo, in cui Lui, il Cristo si mostra come l’agnello del sacrificio, anzi il definitivo-ultimo agnello, perché dopo quel sacrificio reale, tutto viene sublimato nel simbolo, nella ripetizione liturgica. Questo aspetto di Saturno più oscuro, di cui è oggetto in modo particolare il lavoro di Panovsky, si era nel frattempo contaminato dall’identificazione, pur con molti distinguo, che si era compiuta nel I secolo a.C. con il Kronos dei greci, e che nei secoli successivi si era ancora mescolato con altri culti orientali, con significato analogo, come abbiamo indicato fino alla definitiva fusione nel Natale dei Cristiani, con la figura di Cristo, che è venuto per non cambiare neppure uno iota della Legge, e con il simbolo di resurrezione e di Giustizia. Dobbiamo a questo punto soffermarci un poco sulla prima, fondamentale operazione di sintesi fra Saturno e il dio Cronos del Pantheon greco, per comprendere un pochino più a fondo i meccanismi che faranno giungere vitalissimo Saturno fino a noi, oltre la mutazione nella religione dell’Occidente. 


Riprendiamo il Vasari e andiamo a guardare il secondo affresco, che rappresenta “La castrazione del cielo”, ovvero Saturno che, come Kronos, evira suo padre Urano. Vasari afferma, negli scritti esplicativi, che l’atto di evirazione fu necessario per la creazione della nuova generazione, quella terrestre, quindi ritroviamo qui l’analogia con Jahvé, creatore degli uomini; Vasari assimila Kronos dei greci al Saturno-Cronos dei latini per attribuirgli la generazione di uomini dell’età dell’oro. L’assimilazione avvenuta in tarda età repubblicana in realtà non aveva mutato il profilo di Saturno latino, che rimase legato alla prosperità e quindi continuò ad essere dio agricolo, che protegge la mietitura. Il Saturno mietitore, che taglia, rappresentato con la falce si prestava bene all’analogia con Crono, che taglia i genitali di suo padre Urano, ma c’è una più sottile analogia, Urano significa cielo, Cronos, significa tempo, e questa indicazione ha certamente avuto il suo peso per identificare Saturno, signore del Cielo e dei cicli della natura, dell’origine e vita stessa del mondo, e del Tempo, che questa vita regola, con quel mito greco; il passo successivo è legato all’identificazione di Saturno, che separa dal Caos l’età dell’oro, offerta al genere umano, e anche qui abbiamo un rimando non solo al Genesi, ma anche ad altre mitologie dell’origine del mondo che parlano del Caos come iniziale momento sul quale la volontà di un Dio o di più dèi agisce per fare ordine; nel proseguire dei tempi, questa assimilazione conduce ancora all’immagine di Saturno, che come Crono, divora i figli, ma dando a questa nuova immagine una interpretazione, particolarmente interessante, che percorre tutto il Medio Evo per giungere al ‘500 e traggo direttamente dal Cartari…mostra la falce in mano che il tempo miete e taglia tutte le cose; e quello che ei si mette in bocca per divorarlo, che le cose tutte nate in tempo sono anco dal tempo divorate. È evidente tuttavia che le due componenti del Saturno, divinità regolatrice del consorzio umano, protettore dell’agricoltura, sostanzialmente benefica, acquisisce tratti del Kronos dei greci, che meglio si identificano con quella componente misterica a cui fa riferimento Macrobio, e conduce ad una identificazione con una sorta di ineluttabilità: nulla perdura, tutto nasce e tutto muore; e qui ci sarebbe da perdersi nell’indagine di quanto il platonismo e il neoplatonismo avessero inciso sulla tradizione latina, sulla cultura medievale e sull’umanesimo. Torniamo ancora un momento ai Saturnalia, che, come abbiamo detto terminavano con il Solstizio invernale, e chiudevano la settimana di festeggianti[21]; con il solstizio e l’ingresso del Sole nel segno zodiacale del Capricorno, tutto ritornava nella normalità, nella regola. Il Solstizio rappresentava l’inizio di un nuovo ciclo e il ritorno alla normalità, alle sue regole e alle sue leggi. La connotazione di Saturno, come Signore del Capricorno e, successivamente, del segno dell’Acquario, è la connotazione che si rientrava nella quotidianità, nella regola, nel governo della Legge; la settimana dei Saturnalia rappresentava una pausa in cui da una parte si godeva di quel che la vita poteva dare, prima che il Sole finisse la sua corsa, e nessuna poteva sapere se sarebbe rinato…Quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia! chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza.
Il Capricorno era dunque la certezza che la vita non era finita: l’attributo di ostinazione al segno del Capricorno in Astrologia nasce da qui, da questa certezza che la vita ricominciava, il Capricorno quando tutto sembra volgere alla fine, con un colpo maestro ferma il Sole e lo fa rinascere. La notte più lunga e il giorno più corto si incontravano in questo respiro di sollievo per la fine di un incubo, e nell’inizio del nuovo ritorno alla vita, interpretato dal Capricorno, che rimetteva tuttavia le cose al loro posto (in tempi più recenti si diceva…l’epifania, tutte le feste porte via). Tutto questo spiega molto bene il doppio valore di Saturno, inteso come nascita e inteso come morte, Saturno è a cavallo, nel limite, di questo costante passaggio, vita-morte/morte-vita. Anticamente ad ogni costellazione era stato attribuito un pianeta, i greci con molta probabilità derivano dai Sumeri e dai Babilonesi le loro conoscenze sugli astri e sulla corrispondenza fra il cielo fisico e il pantheon degli dei, in quella fusione di astronomia e astrologia che poi perdurerà fino agli albori dell’età moderna[22]; Tolomeo attribuisce a Saturno la Signoria al Capricorno e all’Acquario, motivandola con il fatto che Saturno è il pianeta più lontano dal Sole, quindi il più lontano dai segni del Leone, dominio del Sole, e della Luna, dominio del Cancro; nella percezione più sottile ed esoterica, è anche un modo di riconoscere a Saturno un suo potere quasi paritetico con il Sole; infatti è lui che ha potere sulla luce, che ordina il Caos e quindi toccava a lui la Signoria di quel segno in cui il Sole risorge. Da aggiungere che la costellazione del Capricorno era la meno visibile ad occhio nudo[23] e Saturno era il pianeta più lontano fra quelli individuati. Le lontananze devono anch’esse aver agito a renderli univocamente riuniti; il lontano Saturno era destinato ad essere al confine con il cielo delle stelle fisse, l’avere anche l’attributo di un Creatore, quanto meno dell’età aurea in cui apparve l’uomo, lo lega al nuovo ciclo dell’anno quindi Saturno e Capricorno si ritrovano a vivere un comune destino, ma va aggiunto ancora che Saturno, il pianeta più lontano dal Sole era necessariamente anche il più freddo, il Segno del Capricorno entra nel periodo più freddo dell’anno e di conseguenza si trovava un’altra analogia, che ci porta alla considerazione del freddo che l’accompagna, per cui il Saturno creatore diventa anche il Signore della fine, ed ecco spiegata l’iconografia medievale di Saturno che divora i suoi figli. 
Idel pone come incipit del suo libro un versetto tratto da un manoscritto ebraico della Biblioteca Vaticana “Saturno è la prima e l’ultima porta, ove tutto è destinato a riunirsi[24]Da tutti queste indicazioni[25], si può comprendere come Saturno sia transitato nell’Astrologia, la scienza per antonomasia dall’antichità fino all’età moderna. Quando si parla di astrologia, a molti si storce il naso, probabilmente a ragione, perché oggi si convive con una sola parte dell’Astrologia, quella divinatoria, che per giunta molto spesso è finita nelle mani di incantatori si serpenti, e ci si dimentica del ruolo fondamentale dell’astrologia nel corso della storia, e non si vede, non si valuta, o non se ne sa nulla, di quella parte più nobile dell’astrologia, moderna e contemporanea, che ha ancora tanto da dire, e che ha avuto un impulso nuovissimo e di fondamentale importanza dalla impostazione psicoanalitica e filosofica di Jung[26]; è pur vero, per correttezza di giudizio, che nel medio evo e persino nell’età moderna, la componente divinatoria ha avuto spesso un seguito decisamente popolare, di grande rilievo: alla corte di Luigi XIV i nobili erano avvezzi a consultare astrologi per vincere al gioco, ma ben sappiamo che alla fine erano tutti indebitati con il Re[27].
Astrologia e astronomia sono state un tutt’uno fino all’età moderna, e si può affermare che questa disciplina sia stata contigua allo sviluppo della matematica, l’una aveva bisogno dell’altra; si è implementate con la filosofia e la psicologia e ha raccolto nel corso dei secoli il pensiero dell’umanità occidentale, araba e indiana. Non esiste astrologia senza l’idea di uomo collocato nell’Universo, non esiste astrologia senza la domanda del perché un uomo sia nato da quei genitori in quel luogo e in quel tempo, e quale sia il motivo della sua esistenza, e non è esistita umanità che non si sia posta queste domande, e che non abbia collocato l’uomo in un divenire cosmico, dove ogni aspetto corrisponde ad un altro. Non citare l’astrologia cinese o le conoscenze astrologiche dei popoli antichi dell’America, è dovuto semplicemente al fatto o che non sono ancora sufficientemente studiate o tradotte o più semplicemente perché non hanno contribuito allo sviluppo dell’Astrologia Occidentale, come hanno fatto quelle dell’Asia minore, dell’India, quella araba, egizia, greca, ecc. L’Astrologia, che noi possiamo oggi guardare con distacco, era la risposta a quelle domande, alle quali peraltro, a tutt’oggi, non riusciamo a rispondere compiutamente avvalendoci dei soli mezzi della scienza, anche se il nuovo impulso della fisica quantistica sembra dare maggior valore agli assunti astrologici piuttosto che a quelli scientifici di questi ultimi due secoli. Per queste ragioni l’Astrologia ha lasciato un materiale di indagine sulla mentalità dell’uomo nel corso della storia, e non è possibile non compulsarla se si vuole fare un’indagine che abbia solidità, e non sia vittima del pregiudizio contemporaneo; in una delle prime lezioni di storia medievale, il Prof. Pistarino ammoniva noi, giovani studenti, di non cadere nella trappola di leggere il passato con gli schemi concettuali del presente. Compiuta questa divagazione, assolutamente necessaria peraltro, torniamo a Saturno che transita nell’Astrologia, che così tanto influenzerà il pensiero occidentale fino a Cartesio, ad un certo livello, ma fino ai giorni nostri ad un livello più sottile  e profondo: Dante stesso ne è un esempio, così come Tomaso d’Acquino, che ha dato il sostegno ideologico al Cristianesimo prima e al Cattolicesimo poi, praticamente fino ad oggi, il quale riconosceva all’astrologia il ruolo di indicazione degli influssi planetari, pur lasciando libero l’arbitrio dell’uomo, sostenendo che astra inclinant non necessitant. E ai giorni nostri abbiamo Jung che entrerà in conflitto con Freud proprio su questa tematica, quando afferma che studiava i temi natali dei suoi pazienti per riuscire a comprenderli meglio. L’approdo di Saturno nell’astrologia, nella cultura medievale e moderna, nella letteratura e nell’iconografia si porta dietro le ambivalenze di cui abbiamo fin qui discusso: il Saturno, signore dell’agricoltura, separatore del Caos, padre dell’età dell’oro, e il Saturno lontano freddo malinconico, che esita nell’immagine della morte stessa, del Signore del tempo che tutto divora.
Riporto solo alcuni esempi chiarificatori: Al-Kabisi, astrologo arabo del X secolo, noto in Occidente come Alcabitius, scrive…Saturno presiede sui morti, i maghi, i demoni, i diavoli e la gente malfamata, di fede giudaica, veste di nero, dei giorni il suo è il sabato e del mercoledì è la notte. Il commentatore ebreo Avraham Ibn Ezrà scrive…gli Ebrei sono tra le nazioni sotto l’egida di Saturno, il pensiero e la penuria di parola e la frode e l’isolamento dagli uomini e il potere di vincerli…la conoscenza dei segreti e l’adorazione di Dio. Seguendo il commento di Idel, raccogliamo un Saturno, che presiede agli Ebrei, la cui natura racchiude quindi un’inclinazione all’isolamento e alla solitudine; la tendenza all’isolamento può essere associata ad altre caratteristiche spirituali e non dovrebbe essere necessariamente concepita come una conquista religiosa; lo stesso autore, rammenta Idel, nel commento all’Esodo indica in questa influenza saturnina la perfezione religiosa e poteri miracolosi. In un’altra opera Ibn Ezrà scrive…ho già menzionato la ragione per la quale questo pianeta è freddo e asciutto. L’essenza della morte è il freddo e l’asciutto, perciò indica morte, tristezza e lutto…Saturno è degli ebrei poiché il loro segno è l’Acquario, che è la sua casa, e degli anziani, poiché al di sopra, e dei contadini poiché il suolo è nella sua porzione. La sua porzione sulla terra sono cave e luoghi oscuri, poiché si addice ad una natura malinconica l’essere in solitudine…la sua porzione nel corpo umano è la malinconia e le sue porzioni includono tintori e pulitori, poiché la bile che è nera ed è la sua natura indica sporcizia. Idel rileva in questo brano la forte influenza del Tetrabiblos di Tolomeo. Nel commento a questo testo di Ibn Ezrà da parte dell’arabo Chay Ibn Yoqtan Saturno è così descritto…nel settimo regno, quello di Saturno, vi sono uomini di sapienza, di astuzia, di discernimento e di intelligenza, difficili nelle loro azioni e lenti, essi mantengono e vigilano sulla misericordia e vendicano i delitti. Negli scritti di Yochanan ben Yitzchaq, conosciuto come Alemanno, un collaboratore più anziano di Pico della Mirandola sostiene…questo pianeta dota la gente di perfezione nella conoscenza delle scienze e dei soggetti divini, come la Torah e i suoi comandamenti, in virtù del suo rango sublime poiché è spirituale…connesso solo al pensiero, all’intendimento, al discernimento, alla conoscenza esoterica e al culto di Dio. Nel 1562, nella prima edizione a stampa del commento al Sefer Yetzirà, Yosef Askhenazi scrive…dobbiamo sapere che Capricorno e Acquario sono le costellazioni di Israele, il loro pianeta è Saturno, perché queste costellazioni sono le sue case, ed è a causa di questo che gli Ebrei sono soggetti a razzie e distruzioni, a fatiche e oneri, come quelli dei nostri antenati in Egitto. Per contro, Abulafia, nel suo commento allo stesso testo, scrive…essendo il più elevato dei sette pianeti Saturno si occupa delle religioni. In ambito cristiano Tertulliano sosteneva Saturno essere all’origine degli dei…il cielo e la terra hanno generato lui, il patriarca degli dei; Agostino, la cui opposizione all’astrologia è nota, in quanto difensore assoluto del libero arbitrio e della predestinazione divina, dedicò un’interessante analisi a Saturno definendolo il rappresentante dell’intelletto più elevato; Tomaso d’Aquino attribuisce a Saturno la stabilità stessa dell’esistenza ipsa stabilitas esse rei; Guglielmo d’Alvernia scrive che Saturno determina la virtus intellictiva animae humanae. E potremmo andare avanti ore intere, tuttavia credo che sia sufficiente per comprendere come il Vasari esprima nei suoi due affreschi un pensiero comune, un’ambivalenza certamente, ma c’è tuttavia in questa ambivalenza, in questa duplice facies di Saturno, un comune denominatore: la duplicità di Saturno da entrambe le interpretazioni, talvolta così contraddittorie, mantiene una veste di portatore di giustizia, ora più disponibile ora più rigorosa. È questo il Saturno giunto a noi nella contemporanea astrologia: Saturno indica in un tema natale in quali ambiti ognuno potrà evolvere, dove potrà illustrare la sua essenza di uomo. In realtà nell’astrologia araba, e soprattutto in quella di derivazione induista, l’analisi del Sole e della Luna si è sempre fatta tenendo conto della posizione di Saturno; dice lo Jyotish, che è il più antico testo di astrologia indiana: non si può chiarire chi siamo (il Sole), quali sentimenti si agitino in noi (la Luna), senza sapere come ci spenderemo nel percorso che si chiama vita, entro quali opportunità e limiti essa si potrà svolgere (Saturno).
Oggi l’astrologia contemporanea, che ripeto, si fonda anche su una solida preparazione psicologica e necessita per esplicarsi di una cultura ampia, diversificata in molte discipline, e che si presta all’uomo per comprendere chi egli sia, pur lasciandogli ogni libertà di giudizio e di azione, ritiene che Saturno esprima il principio di costrizione e di concentrazione, che non coincide con il dolore e la sofferenza, che una visione spicciola immagina. Saturno, come indica Barbault, rappresenta la condensazione dell’energia in un campo e in una forma definiti; il suo principio è l’apprendimento delle leggi che governano la vita; il suo indice si punta sulla materia grezza, attraverso ripetute lezioni di vita che lavorano, come i cicli dell’alchimia, ovvero sulle caratteristiche e sugli impulsi personali, permettendo ad ognuno di plasmarli e portarli ad un livello più alto di definizione e di identificazione. I suoi cicli di 29 anni coprono le tre fasi della vita, e il vecchio Saturno i conti li fa soprattutto nella terza fase della vita[28]. Saturno è il dio giustiziere perché rivela i limiti così come le possibilità: ogni campo, ogni appezzamento di terra ha le sue possibilità e i suoi limiti, chi coltiva lo sa bene, e sa che ogni campo e ogni terra, non può essere portato in un altro tempo o in un altro spazio, ma sa anche che, seguendo precise regole, ogni campo e ogni terra possono dare frutto.



[1] Sento di dover chiarire che l’astrologia non è una mera pratica divinatoria, come sembra essere oggi diventata e praticata da milioni di persone. L’astrologia è la disciplina che si occupa di principi primi archetipici, che sul piano delle idee rappresentano gli elementi primi di cui è composta la realtà in tutte le sue manifestazioni, secondo la definizione data da Thorwald Dethlefsen nel suo fondamentale testo di psicologia esoterica, Il destino come scelta, Edizioni mediterranee, 1984. Questo autore prendendo spunto dalle idee esposte da C. G. Jung, ha ricondotto l’astrologia alla sua natura, come era per l’antichità. Non è un caso che oggi le scuole astrologiche di maggior spessore annoverino psicoanalisti e psicoterapeuti che con lo strumento dell’astrologia, che è la lettura del tema natale, lavorano con i propri pazienti. Fra questi mi piace citare autori che per me sono stati e sono tuttora maestri e fonte di ispirazione per lo studio e per il mio lavoro di terapeuta: per primo colloco Nicola Sementovsky Kurilo, al quale va il merito di aver sistematizzato il millenario patrimonio astrologico nel suo fondamentale testo Astrologia, trattato teorico pratico, edito da Hoepli nel 1946; colloco poi, in mero ordine alfabetico, Stephen Arrojo, André Barbault, Rudiger Dahlke, Ferdinand David, Thorwald Dethlefsen, Giuliana Ghiandelli, Liz Greene, Robert Hand, Lisa Morpurgo, Dane Rudhyar, Howard Sasportas. 
[2] Appariscente soprattutto perché la diffusione dell’astrologia divinatoria, che ha grossolanamente attribuito a Saturno un potere malefico, ha contribuito alla fama del pianeta di cui si temono gli influssi; così nella comune credenza popolare Saturno è ben noto in quanto massimamente temuto. Di questa visione se ne ha una eco nel film di Ozpetek, Saturno contro, del 2007.
[3] Per questa ragione, prima di procedere, vorrei segnalare che, forse anche come conseguenza di quei due testi da me citati, la bibliografia su Saturno si arricchisce, ogni anno, di testi provenienti da tutti questi differenti filoni, soprattutto in ambito astrologico, a cura di quella nuova moderna corrente che si riconosce nel filone psicoanalitico junghiano, e che ha contribuito a dare all’astrologia stessa la nuova faciesdi strumento di conoscenza analitica e di consapevolezza dell’uomo, uomo che non nasce per caso e che è inserito nell’Universo perché ne fa parte e ne definisce il senso stesso; una mole tale di testi, che si situerebbe a fatica in almeno due bauli e che, sia detto per onesta professionalità, non mi è stato possibile fino ad ora valutarla tutta. Due testi mi pare comunque di dover citare a questo proposito, André Barbault, Giove e Saturno, Nuovi Orizzonti, 1987; Carla Pretto, Luna-Saturno, la dualità dell’essere, Pagnini e Martinelli, 2000.
[4] Non abbiamo nessuna indicazione certa che Vasari conoscesse l’opera del Cartari, appena pubblicata, tuttavia si rivela l’humus, dal quale entrambi attingevano.
[5] Non indico per Cicerone nessuna edizione particolare, ampiamente tradotto e pubblicato da più case editrici.
[6] Non indico per le citazioni dalla Bibbia nessuna edizione particolare.
[7] Arturo Reghini, Saturno nella tradizione italico romana, apparso in Nova Saturnia, 2018.
[8] Giuseppe Pucci, Saturno, il lato oscuro, apparso in Academia, 1992.
[9] Per non lasciare dubbio su questa complessità che viene da molto lontano, aggiungo che Idel, nel suo libro, riporta i commenti di maestri talmudici medievali, secondo i quali Sabato e Saturno, appartengono al regno del 7, settimo giorno, settimo pianeta, ci rimanda in realtà alla congiunzione, Saturno ebrei, Saturno Sabato, congiunzione che era già stata indicata da Agostino, nella famosa lettera a Manilio, e che lui riprendeva da un passo di Tacito; ma aveva certamente presente anche gli analoghi riferimenti, che si trovano nel Tetrabiblos di Tolomeo, che è stato, e per molti aspetti lo è tuttora, alla base delle conoscenze astrologiche.
[10] A questo indirizzo il brano da ascoltare con il testo: https://www.youtube.com/watch?v=Apx-DYw-Zf0.
[11] Ancora oggi in Israele si piantano alberi in memoria dei defunti; coltivare alberi è un modo di travalicare il confine della morte.
[12] Superfluo è ricordare il dibattito oggi esistente su questa tematica.
[13] Un mio amatissimo professore di Lettere Latine al Liceo, il grande Luciano Cherchi, ci invitava a riflettere che senza i ponti e le strade dei romani, la grande cultura greca non sarebbe mai uscita dai confini nazionali.
[14] Ricordare ‘a livella, mirabile poesia di Totò, ci aiuta e ci alleggerisce un poco, a questo indirizzo potete ascoltarla: https://www.youtube.com/watch?v=kh-DtTmQb5E.
[15] Vincenzo Foppa (Bagnolo Mella, 1427 circa – 1515 circa) è stato un pittore italiano, tra i principali animatori del Rinascimento lombardo prima dell’arrivo di Leonardo da Vinci a Milano; a Genova affrescò la cappella dei priori di San Giovanni in San Lorenzo.
[16] Fabrice Hadjadj (Nanterre1971) è uno scrittore e filosofo francese, di origine ebraico-tunisinaconvertitosi al cattolicesimo nel 1998.
[17] Il testo integrale è stato pubblicato sull’Avvenire, il 23 ottobre 2016.
[18] Se crediamo a Macrobio, che è comunque la prima fonte che abbiamo a disposizione, il tempio di Saturno fu il primo costruito in Roma; le ricerche condotte dall’archeologia hanno lavorato su materiali, che sembrano dare la precedenza al tempio di Giove Capitolino, tuttavia i dubbi sorgono dal fatto che non si ha certezza che il tempio di Saturno, di cui restano parti importanti, non sia una ricostruzione di un tempio precedente, come alcune fonti letterarie di molto posteriori tuttavia, sembrano accennare, tesi sostenuta dagli storici del classicismo, di cui resta impareggiabile testimone, il testo Antichità Romane, dell’inglese Alessandro Adam, tradotto in italiano da Gaetano Maria Monforte, stampato a Napoli nel 1783, e che fu riferimento per tutti gli studiosi del tempo.
[19] Ambrogio Teodosio Macrobio (390 circa – 430 circa) è stato uno scrittore, grammatico e funzionario romano. Studioso anche di astronomia, sostenne la teoria geocentrica.
[20] E non è da sottovalutare neppure la relazione fra Saturnali e Carnevale, come ha studiato Brugnoli nel suo Carnevale e i SaturnaliaJSTOR, 1994, ma anche in questo caso la letteratura è ampia, e ben sappiamo però che al martedì grasso succede il mercoledì delle ceneri; e neppure è da sottovalutare l’istituzione dell’albero di Natale, che conosciamo già nel 1200, nelle repubbliche baltiche (il primo documento ci rimanda a Tallin), e che era una festa pubblica, con molte venature giocose, di canti e balli, utili a far conoscere giovani che volevano maritarsi. Aggiungerò che nelle tradizioni antiche le feste degli alberi erano legate a feste della fertilità. Saturno incombe con le sue molteplici facies.
[21] Di cui, è bene ribadirlo, un giorno soltanto era dedicato alla follia - cosa che sembra sfuggire a tanti, che hanno parlato di questa settimana, come se tutto si esaurisse nel giorno della follia.
[22] Per cui l’attribuzione delle costellazioni agli dèi giunge da molto lontano e sul come questa sia effettivamente avvenuta non abbiamo grandi certezze, le differenti ipotesi sono raccolte in una letteratura così vasta da riempire una biblioteca, ma tali restano. Un interessante e ampio resoconto lo troviamo nel testo citato di Sementovsky, nel primo capitolo dedicato alla storia dell’astrologia.
[23] Teniamo presente che pur essendo la meno visibile, era visibile, cosa che oggi non lo è più, a seguito della diversa luminescenza dell’atmosfera, che si mantiene anche in zone non particolarmente illuminate.
[24] “Ms. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ebr. 194, c. 67a.”
[25] Si tratta semplicemente di un tratteggio, non certo di un’opera esaustiva!
[26] Su questo argomento, se sarà il caso, si potrà tornare in altra occasione.
[27] La qual cosa indurrebbe a pensare che o l’astrologo del re la sapesse più lunga, o il valore dell’astrologia divinatoria è quello che è!
[28] Entusiasmante a questo proposito è il testo di James Hillman, La forza del carattere, Adelphi Edizioni, 2000.

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