Le altre, che l'orto forniva in ottobre inoltrato, e che bisognava raccoglierle il giorno prima che venisse il freddo, cosa assolutamente non facile da prevedere, così si stava guardinghi a guardare il cielo, e per non sbagliare si raccoglievano quando sembrava che..., ma spesso ci si sbagliava...era uno dei tanti giochi di quella campagna, dove si viveva in tanti, e comunque programmare il cibo per l'inverno non era poi così tanto un gioco. Quelle belle zucche rotonde di un arancione che balzava alla vista, erano molto produttive e ci si poteva tranquillamente fare pietanze salate e dolci; erano zucche di origine americana, che chiamavano savoiarde perché con le loro fette si faceva un piatto che appunto aveva quel nome, e qualcuno diceva che di quel tipo di zucca ne fossero ghiotti tutti alla corte dei Savoia. Racconti, tanti, in quei giorni in cui la televisione non aveva ancora catturato lo scambiarsi parole, quando i vecchi ripetevano le loro storie ai bambini, e ogni volta aggiungevano o toglievano particolari.
La zucca alla savoiarda.
Si mondi bene la zucca, se ne taglino delle fette, si pulisca da semi e parti interne, con cura massima, si tenga pure la buccia, che è commestibile; se ne facciano fette non troppo spesse, quante ce ne vogliono, a seconda dei commensali. Si adagino le fette su una pirofila unta, in modo che la parte con la buccia di una fetta si adagi sulla parte finale della fetta precedente e si lasci appassire un poco nel forno, in modo da ammorbidirla, per intanto si sarà provveduto a preparare una besciamella né troppo soda né troppo sciolta, vi si aggiunga un poco di toma grattugiata grossolanamente un poco di sale di noce moscata e di pepe nero; si versi la besciamella sulle fette di zucca fino a coprirle e si sparga una buona manciata di parmigiano. Si inforni fino a quando non apparirà una bella crosticina.
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