Intervento tenuto al XIV Convegno di Astrologia di Apotélesma, associazione culturale per lo studio dell’astrologia, dal tema "Il cosmo: caos e bellezza", sabato 9 ottobre 2021 a Genova.
La maggior parte di studiosi di storia dell’astrologia ritiene che lo zodiaco tropico e lo zodiaco siderale[1] abbiano coinciso nei primi secoli della nostra era[2], alcuni lo calcolano più vicino al passaggio fra l’una e l’altra era, taluni lo collocano intorno al II secolo della nostra era; non è di grande rilievo calcolare il momento preciso, tenendo conto che lo scarto derivante dalla precessione degli equinozi è di un grado circa ogni 70 anni, per cui una certa approssimazione è legittima e, nell’arco di tre secoli, lo scarto può essere 3-4°.
Si consideri inoltre che un calcolo preciso sul movimento dell’asse terrestre da parte di chi, in allora, seguiva lo zodiaco siderale, lasciava - e, peraltro, lascia tuttora - un certo margine di approssimazione[3]. Quello che importa è che in quel periodo, in cui i due sistemi di lettura dello zodiaco sono poi stati utilizzati, il tropico in Occidente, il siderale in India e in altre zone dell’Asia, hanno nel loro percorso mantenuto per un certo tempo, da molti considerato nell’ordine di tre secoli, una più o meno significativa coincidenza, durante la quale si definisce la tradizione astrologica occidentale, che fissa – lo ferma nel tempo e nello spazio – lo zodiaco che, da quel momento, sarà utilizzato e non subirà più variazioni, arrivando dritto fino a noi[4], acquisendo un valore simbolico, non più reale. La tradizione orientale, indiana soprattutto, ma anche araba, in particolare nei territori dell’Asia centrale, continuerà invece ad aggiornare lo zodiaco, seguendo il movimento dell’asse terrestre, che compie la cosiddetta precessione degli equinozi[5].
Questa differenza non muterà nel corso dei secoli le interpretazioni, infatti, in tutte e due, tropicale e siderale, in quel periodo preciso, si fissa un modello che prevede lo zodiaco, suddiviso in dodici segni di 30° l’uno, che stabilisce l’assegnazione ad ogni segno di uno o più governatori, che definisce un profilo interpretativo per i nati in un segno. Le interpretazioni delle due tradizioni sono sostanzialmente simili, malgrado vi siano alcune significative differenze, e malgrado vi siano stati apporti nuovi, nel corso dei millenni fino ad oggi. Per quel che riguarda la tradizione occidentale, di fatto si è rimasti legati alla sistemazione di Tolomeo[6], il quale non tratta il profilo dei segni, che è comunque già definito[7]; ne è esempio il testo di Vettio Valente[8], il quale propone un’interpretazione[9] che è quella tuttora complessivamente accettata dalla tradizione astrologica[10], con significative aggiunte, approfondimenti, nonché interpretazioni psicologiche, soprattutto da parte delle moderne correnti di studio[11].
Il percorso, che giunge alla definizione dell’apparato astrologico, attraverso la definizione dello zodiaco, era stato avviato nel corso di svariati secoli, non tantissimi; ne abbiamo testimonianza, oltre che nelle descrizioni, in alcuni manufatti nei primi zodiaci completi[12], che si possono ancora ammirare, per esempio in quello di Dendera[13], più o meno contemporaneo a quel periodo, forse un secolo prima di Tolomeo, e in quello di Esna[14], del 200 a.C. circa; nel periodo compreso fra questi due, l’Egitto produce anche alcune monete raffiguranti lo zodiaco; conosciamo le sfere rappresentanti lo zodiaco, di cui si hanno notevoli riferimenti a partire dalle indicazioni relative alla prima rappresentazione come cerchio obliquo dello zodiaco fornita di Anassimandro[15] nel VI secolo[16], tuttavia non si hanno testimonianze dirette fino al celebre Atlante Farnese[17], che però è del II secolo d.C., anche se si ritiene sia la copia di un monumento del periodo augusteo[18]. Dobbiamo ancora annoverare i numerosi quadranti solari, soprattutto quelli reperiti in area orientale; in Occidente abbiamo il Planisfero Bianchini[19].
Maggiori informazioni le abbiamo dalle fonti scritte, che ci consentono di poter risalire ancora un poco indietro: la più antica descrizione completa dello zodiaco la possiamo leggere nei Fenomeni di Arato[20], scritti intorno al 270 a.C., nei quali, fra l’altro, si trova una lunga e interessante digressione sul segno della Vergine (vv. 96-136)[21], la qual cosa rappresenta una informazione di particolare interesse; tuttavia, risalendo ancora un pochino più indietro, abbiamo la più nota descrizione degli astri che coronano il cielo, compiuta da Omero quando definisce poeticamente lo scudo di Achille[22].
Scudo di Achille, Antoine Chrysostome Quatremère de Quincy, 1814 ca. |
Descrizioni parziali, riferimenti al materiale, che poi definirà l’argomento, sono sparsi un po’ ovunque nell’ampia area che va dalla fertile mezzaluna alla civiltà mediterranea, egizia e greca, e lasciamo, almeno per ora, da parte l’altrettanto importante area dell’India e quella, sulla quale da poco si è accentrata l’attenzione dell’Europa, del Nord[23]. Come si evince, questo percorso documentabile si costruisce in qualche decina o poco più di secoli, a cavallo fra prima e dopo Cristo. Se vogliamo allargarci un poco, sia come area sia come tempi, abbiamo certamente la documentazione delle pietre cuneiformi babilonesi, sulla quale vi è ormai un’ampia letteratura, seppure controversa[24]. Se vogliamo utilizzare tutti i reperti che in qualche modo rimandano alla misurazione del tempo, possiamo risalire indietro di svariate migliaia di anni. Ne emerge da tutto questo materiale, depositato prima della definizione dello zodiaco, un percorso che individua le ragioni dell’astrologia, che fondamentalmente è la gestione dello spazio-tempo. Che cosa significa questo? Significa che da una parte l’astronomia-astrologia ha cercato di controllare il tempo, attraverso una serie di osservazioni che potremmo collocare lungo il processo storico, che conduce alla definizione del calendario; dall’altra significa che c’è stato un rapporto con lo spazio-tempo universale, con la sua circolarità, all’interno della quale l’uomo ha via via preso coscienza di esserne non solo parte, ma anche agente, in quanto lo poteva fare suo. Siamo abituati a considerare il cielo, quando ci accostiamo allo studio della storia dell’astrologia, e perdiamo spesso di vista lo stupore dell’uomo, che scopre quel cielo: uno stupore, in un viaggio lungo i millenni, intessuto di osservazioni, di attente e minuziose trascrizioni, che ha avuto bisogno della parola. Prima ancora di inventare la scrittura, potremmo sostenere che gli uomini abbiano dovuto imparare a leggere, leggere il cielo, per decifrare i segnali che dal cielo provenivano, e, probabilmente, la scrittura, inizialmente simbolica, ridotta a segno grafico o a ideogramma, consegue alla necessità di raccontarsi l’un l’altro, e da una generazione all’altra, un anno dopo l’altro, un secolo dopo l’altro, un millennio dopo l’altro, quel che il cielo dice. Il cielo parla attraverso il movimento dei luminari e delle stelle, che propongono un rapporto con la vita degli uomini. Gli uomini guardano al cielo, affinché sia benevolo per la loro vita: dal cielo proviene tutto ciò di cui la natura ha bisogno, a incominciare dal tempo: il tempo per fare, il tempo per esistere, sopravvivere, vivere, riprodursi; ma dal cielo proviene anche, talvolta, ciò di cui non si avrebbe bisogno e se ne farebbe volentieri a meno. Si afferma una centralità dell’uomo, che stabilisce una relazione con il cielo, e sorge in lui la consapevolezza della finitezza umana di fronte alla grandiosità del cosmo, che non può non essere frutto di un ordine, di un regista, che così lo ha voluto, ed emerge la concezione di profonda sacralità e di dipendenza dell’uomo dal cosmo. Questo percorso è molto ben delineato nella tradizione degli Arya, di cui resta ampia testimonianza nei loro libri, i Veda, che sono anche i primi libri scritti[25] fino ad oggi conosciuti; la cura dei morti, la disposizione delle tombe, orientate con il sole che sorge, comune alle popolazioni del periodo Neanderthal, sono alcune delle testimonianze di un rapporto con il cielo; quando Ernest Cassirer fa notare che presso tutti i popoli di tutte le religioni, la creazione ha inizio con la luce[26], sta esattamente segnalando questo rapporto con il cielo. Un viaggio lungo i millenni, durante i quali fra l’uomo e il cielo si è intessuto un dialogo intenso e profondo, che ha coinvolto popoli e culture molto diverse fra loro; ogni popolo ha visto nel cielo un messaggio utile per dirimere la vita sulla terra; ha colto nel cielo una potenza che permetteva la vita stessa, e il cielo è divenuto il luogo dove risiedono gli Dei, che proteggono, suggeriscono, giudicano. Un dialogo che diviene preghiera affinché il cielo, prima di ogni altra cosa, sia protettore benefico della natura, renda rigogliosi i suoi frutti, dia prosperità e salute a chi lo prega. La madre Luna, che con il suo ritmo segna il tempo delle gravidanze, quando è piena sollecita il parto, il padre Sole segna il passaggio da una stagione all’altra: gli umani osservano, scrutano, comprendono, dialogano.
Volta celeste, Giovanni Antonio da Varese, 1573-1575, Sala del Mappamondo, Palazzo Farnese, Caprarola (VT) |
Questa complessità di relazioni, nel lungo percorso, da simbolica divine mitologia; come sia stato possibile che l’uomo abbia localizzato le costellazioni e vi abbia trasferito contenuti mitologici in quel cielo, oppure, altrettanto potremmo chiederci in quale modo il cielo ha parlato per indicare tutte le componenti mitologiche che troveremo codificate in quel periodo da cui abbiamo preso le mosse per il nostro ragionamento? Questa domanda è spesso priva di risposta: si mettono in relazione dati, ma non si giunge a spiegare come sia stato possibile che ad un certo punto l’operazione di collegamento divinità pianeti, stelle e miti, si sia completata. Arato inizia i Fenomeni con un proemio in cui dice...sia il principio da Zeus.//Noi, razza umana, //non tralasciamo mai di farne il nome. //Sono piene di Zeus tutte le strade,//sono piene le piazze,//è pieno il mare, sono pieni i porti.//E tutti noi, che siamo la sua stirpe//in ogni luogo ricorriamo a Zeus.//Benevolo, dà segni favorevoli,//spinge le umane genti alla fatica,//con la memoria della sussistenza,//dice quando la zolla//è nel tempo migliore per i buoi//e per la vanga,//dice quando il periodo è favorevole//per cingere le piante tutt’intorno//espandere ogni seme.//I semi li fissò nel firmamento//distinguendo le stelle//lungo il corso dell’anno, e predispose//quegli astri//che agli uomini potessero fornire//sulle stagioni indizi ben precisi//per fare germogliare stabilmente//ogni coltura.//Perciò sempre lo invocano propizio,//primo e ultimo. Come si evince, dopo l’encomio al dio che è dovunque, il calendario si colloca sullo sfondo, fa parte della ciclicità della natura, che in virtù di lunghe elaborate osservazioni, provenienti dai Sumeri, dai Babilonesi, dagli Egizi, e dai calcoli dei Greci, si è imparato a comprendere e a decodificare; ma la relazione con Zeus è al di là della ciclicità, dal momento iniziale in cui...non tralasciamo mai di farne il nome, fino alla chiusura...sempre lo invocano propizio,//primo e ultimo, la comprende e la guida, con l’inno che dall’uomo sale a lui, al divino. Se ci spostiamo nello spazio, verso la terra degli ebrei, e nel tempo, risalendo di qualche secolo, la percezione della Divinità come centro spazio-temporale dell’Universo, è il tema del Salmo 8…Quant’è magnifico il Nome tuo per tutta la terra, o Signore, Signor nostro, che hai posto la tua Maestà sopra i cieli![27]. La redazione definita dei Salmi risale alla fine del III secolo a.C., ma raccoglie una tradizione che si situa indietro di almeno un millennio; si ritiene infatti che il salmo più antico sia il 104, databile intorno al XIV secolo a.C., dove si possono leggere vari riferimenti al periodo di permanenza degli ebrei in Egitto; da grande parte della critica è ritenuto una derivazione dell’Inno al Sole composto al tempo del Faraone Akhenaton[28]; infatti sembra che questo transiti quasi pari pari nella tradizione ebraica[29]. Compiendo un salto ancor più indietro, forse di qualche centinaio d’anni o, forse, con molta più probabilità[30], anche di qualche migliaio, abbiamo l’inno 4 del Rgveda[31], il quale, dopo i primi tre inni, che sono manifestazioni di sacrificio e offertorio alla divinità e che indicano quanto forte fosse la percezione dell’uomo soggiacente al potere della divinità che va onorata, ringraziata, persino temuta, esordisce...Il Costruttore di forme perfette, per il progresso ogni giorno invochiamo, come chiama un fattore le sue vacche[32]. E all’inno 7 possiamo leggere...il Dio Indra, l’armonizzante, il tonante dorato, Indra per palesarlo da lontano, il Sole fece ascendere nel cielo con i suoi raggi, al di là della roccia[33]. E, qualche verso dopo…il Dio disperde i nebulosi ammassi della natura frontale...e ancora, dopo pochi versi...Indra, signore che nessuno ostacola, regna su tutte le varie abbondanze, il solo ordinatore delle azioni - Indra, sovrano dei 5 domini[34]. Indra, che tutto sovrasta, e invocato dai cercatori.
In tante differenti culture, così lontane l’una dall’altra, la manifestazione di rapporto sacrale con il Cielo e le divinità che si manifestano attraverso gli astri è evidente: gli esempi sono innumerevoli[35]. Molti testi risalgono a periodi molto più antichi, i reperti archeologici rupestri costellano i millenni, come è noto, tuttavia sono ampiamenti discussi e variamente interpretati, ognuno cerca di tirare acqua al suo mulino, gli astrologi vi vedono cose che gli altri non vi vedono, e chi volesse approfondire l’argomento ha a disposizione testi assai validi[36]. Gli uomini, fin dai primordi, hanno intessuto un dialogo con il cielo; è difficile immaginare una qualsiasi forma di osservazione degli eventi celesti senza un fremito di sacralità: e ci sarà pur stato un suono, un’articolazione della bocca per emettere un qualsiasi suono che indicasse il Sole e la Luna: il verbo, logos, è anch’esso parte fondamentale di ogni narrazione della creazione nelle differenti religioni; immagino ci sia un nesso fra il pianeta più vicino al Sole, e Mercurio, Hermes, Anubi, Toth, Yanti, tanti nomi per la stessa divinità che governa la parola e la comunicazione; significativo che il suo geroglifico sia un cerchio come quello del Sole e quello di Venere, che spunta appena il Sole tramonta e poco prima che il Sole sorga: una triade inseparabile. Questa osservazione ci aiuta a comprendere come mai, ad un certo punto, quel cielo, guardato chissà da quante generazioni di precursori dell’homo sapiens, ad un certo punto sia stato visto, e attraverso un suono dapprima soltanto articolato, e trasferito poi in un segno, in una forma simbolica, abbia dato inizio e consistenza al percorso dell’astrologia – logos sugli astri – fino alla codificazione dello zodiaco, che è il risultato di un percorso che giunge a compiere un’astrazione: dalle costellazioni in continuo movimento, si trae un disegno, che resta fisso, e sul quel fisso si incentrano interpretazioni che hanno differenti finalità[37]. Millenni di lavorio, frutto del guardare il Cielo. Da quando l’uomo l’ha visto e l’ha guardato, fino a giungere a quanto ne scriverà Arato, è il cielo che guida la vita degli uomini; questo concetto di un cielo che protegge induce l’uomo alla sacrale liturgia, ovvero a chiedere al cielo, offrirgli i suoi sacrifici in cambio di benevolenza; gli egiziani erano convinti che attraverso la liturgia e le offerte sacrificali fossero in grado di modificare le decisioni degli dèi associati ai pianeti e alle stelle[38].
Ripercorriamo lo stupore dell’uomo che si sofferma a guardare il cielo: potremmo domandarci quando ha cominciato a guardarlo; l’uomo arcaico non ha i termini per definirlo, vi è solo ciò che guarda, e ciò che guarda viene detto, in qualche modo, attraverso il simbolo o il mito. Eliade sostiene che...un oggetto acquista un valore e diventa reale in quanto partecipa, in un modo o nell’altro, di una realtà che lo trascende. In mezzo a tante altre pietre, una pietra diventa sacra, perché costituisce una ierofania o perché ricorda un atto mitico. L’oggetto appare come ricettacolo di una forza esterna che lo differenzia dal suo ambiente e gli conferisce senso e valore[39]. Il cielo è ierofania, manifestazione del sacro, dal quale discende e dipende la vita. Cecile Michel ha scritto...in una società così marcata dalla presenza degli dèi, era normale che gli stessi astri e i pianeti parlassero del mondo divino. Il cielo appare come il riflesso della terra, esistendo tra loro un legame fondamentale. Di là proviene la convinzione profonda che gli avvenimenti celesti influenzino le sorti di tutti gli uomini[40]. La mia domanda, a questo punto, è: siamo davvero così certi di questo percorso, ovvero, che il cielo appaia come il riflesso di ciò che avviene sulla Terra? O non è piuttosto la nostra de-sacralizzazione globalizzata, proveniente dal razionalismo laicista e interpretata dallo storicismo di tipo marxista, che ci induce a vedere un percorso, che potrebbe invece essere interpretato al contrario, ovvero che la terra sia il riflesso di ciò che accade in cielo?
Mausoleo di Galla Placidia, V secolo, Ravenna |
Vincent Van Gogh, Notte stellata, 1889, Museum of Modern Art, New York |
Sono molteplici le testimonianze di un possibile rapporto con il cielo degli uomini più antichi, sulle quali a tutt’oggi c’è molta discussione e poche certezze, ne dà conto Nicolas Campion, ma non sono sufficienti le testimonianze disseminate in quel lungo periodo e che molti si ostinano a valutare oltre quel che possono essere, ovvero come segni di nascenti calendari[41]. Il ponderoso lavoro di Nicholas Campion, pregevole per completezza di indagine, ricollega con grande acume, quel materiale alla cultura dei secoli successivi, emersa dapprima nel mondo sumero e nell’antico Egitto e allarga, sia pure in modo non così approfondito anche all’area indiana; questa non è operazione da sottovalutare, perché è piuttosto una valida documentazione di una indicazione di un sostrato di memoria collettiva, quel sostrato che Jung ha definito inconscio collettivo, e un’indicazione di quella circolarità o ciclicità, sulla quale si è soffermato Eliade, in particolare quando afferma che...la memoria collettiva è astorica. Questa affermazione in sé non implica una origine popolare...il ricordo degli avvenimenti storici e dei personaggi si modifica in capo a qualche secolo per poter entrare nello stampo della mentalità arcaica, che non può accettare l’individuale e conserva solamente l’esemplare[42]. I collegamenti con quanto si evidenzierà nei dieci secoli precedenti la nostra era, e con quanto avvenuto ancor prima, che soltanto però nella nostra era si fanno via via più significativi e decisi, si riscontrano anche in tante culture dell’Europa del Nord, e persino nelle Americhe: è il mondo intero costituito, in allora, da popolazioni, che, per quanto se ne sappia, non avevano comunicazioni alcuna l’una con l’altra; è l’umanità intera che parla, colloquiando con il cielo, la medesima lingua. Questo colloquiare è una delle più affascinanti componenti dell’astrologia, che origina un linguaggio simbolico, ma ne diviene anche il suo valore intrinseco: il linguaggio che la comunicazione fra terra e cielo ha individuato, in forma orale e poi simbolica, prima ancora che definita in scrittura, è l’unico linguaggio che dal mondo antico ancora è utilizzato, parlato e scritto; possiamo serenamente affermare che l’astrologia ha un fondamento universale.
Antica carta stellare sumera, British Museum, Londra |
C’è una frattura fra la pur significativa produzione del paleolitico, e quella che appartiene alla nostra era, databile dal dodicesimo-decimo millennio prima di Cristo, frattura riconosciuta da molti studiosi e attribuita al sorgere dell’agricoltura e dell’allevamento di animali, quindi al passaggio ad una cultura stanziale. Bisogna partire da questa considerazione per comprendere come sia avvenuto il processo di identificazione delle qualità attribuite ai luminari e alle stelle, e infine l’individuazione delle costellazioni, da cui lo zodiaco trarrà la sua struttura. Si potrebbe, per ritrovare le tracce di un percorso che ha segnato gli uomini nel loro rivolgersi al cielo, innanzi tutto ripercorrere all’indietro il tempo fino a ritrovare quello che era il cielo che loro hanno veduto, pensato, sacralizzato, e ripercorrere il momento in cui l’umanità e la natura si sono trovate a fare i conti con un evento dalle proporzioni che a noi non possono che sfuggire per la loro imponenza[43]. La memoria collettiva di quasi tutte le civiltà riporta un evento spaventoso, dal quale però emerge poi sostanzialmente l’umanità che noi conosciamo, e dalla quale proveniamo: un diluvio, o quanto meno un fenomeno legato ad alluvioni di proporzioni gigantesche. Le numerose teorie sul diluvio, o che altro di simile, nonché le numerose indagini riportate da attenti studi storici, vuoi che siano state interpretate come esondazione dei laghi interni, Mar Nero e Mar Caspio[44] (le discusse teorie di Ryan e Pitman), vuoi da chi ha voluto vedere l’esondazione che ha innalzato il livello del Mar Mediterraneo, che ha fatto scomparire tanta parte delle coste e delle terre, vuoi che a monte ci sia stata una spettacolare eruzione di vulcani che hanno contribuito a modificare la temperatura, alzandola considerevolmente, vuoi un’infinita altra serie di possibili interpretazioni, resta che la fine del Paleolitico sia stata segnata da eventi naturali di portata inimmaginabile, perdurati per un periodo piuttosto lungo, sul quale non c’è ancora un significativo accordo, ma si va da qualche centinaio d’anni ad almeno due millenni, e si deve però tenere conto che non in tutto l’emisfero sia stato coerente nel tempo, in quanto lo scioglimento dei ghiacci a Nord via via produceva innalzamento di mari e fiumi nella zona tropicale, e in particolare si ritiene che l’innalzamento abbia isolato l’Inghilterra dal resto dell’Europa e alzato significativamente il livello del Mediterraneo e dato un impulso alla portata di acqua dei fiumi mesopotamici; da questa rivoluzione climatica, che diviene rivoluzione ambientale, emerge una natura rinnovata, che consentirà la stanzialità dell’uomo, la coltura e l’allevamento. Elementi naturali di tale portata[45], come oggi la moderna capacità di indagine, attraverso anche nuovi strumenti, ci consente di valutare, hanno profondamente inciso sulla vita delle persone, le quali non potevano più non mettere in relazione la loro vita con quanto proveniva dal cielo, fossero i fuochi ardenti dei vulcani, fosse la terra che si scuoteva, fosse l’aria che si ammorbava e poi diventava più clemente, fosse l’acqua che cambiava i profili degli orizzonti. Che poi ci sia da considerare, come tanti storici delle religioni, Eliade per primo, che possa essere rimasta una memoria collettiva, inconscia, di quei terribili momenti, che possono essere stati un sostrato recuperato, sia in termini di paura collettiva sia in termini di memorie rituali, reperibili poi nella successiva elaborazione, è un dato su cui varrebbe la pena di soffermarsi più a lungo.
L’evento dello scioglimento dei ghiacci e delle successive inondazioni è riportato, come ampiamente noto, dal Diluvio Universale Biblico, dal mito di Deucalione e Pirra in Grecia, dall’epopea di Atrahasis in Mesopotamia, e da meno note tradizioni, come quella scandinava, che rimanda persino a un diluvio ancora da accadere, alla tradizione irlandese, che poi con l’avvento del cristianesimo si fonda con la narrazione di Noè, o come quella indiana con la leggenda di Manu, o come quella cinese, che si dipana fra numerose storie, che potrebbero rimandare a tradizioni di differenti regioni di quell’area geografica, o come quella in Indocina o in Malesia. Da questa memoria collettiva, codificata in tradizioni leggendarie, non sfuggono la Nuova Zelanda, l’Australia, la Polinesia, e neppure le molteplici popolazioni dell’America, del Nord, del Centro e del Sud, e delle isole Hawaii. Per quanto si possa immaginare che ognuna di queste leggende o miti o cronache rimandi ad una vicenda legata ad un popolo preciso, in un punto della terra altrettanto preciso, credo che non si possa non accettare che la memoria dell’uomo ha registrato l’evento stesso, che, come accennato, può non essere stato contemporaneo ovunque, quindi non universale in senso temporale, ma abbia manifestato i suoi effetti nel lungo corso del tempo, creando comunque un’attenzione che potremmo definire globale, che è scesa nella memoria collettiva dell’umanità intera. Questo o questi eventi, così incidenti per l’umanità di allora e con le conseguenze mnestiche per le umanità che si sono succedute, accadono – così ci ricolleghiamo a quanto detto inizialmente – quando l’asse terrestre punta verso la costellazione della Vergine[46], che è la più ampia, e di conseguenza il periodo in cui è stata riferimento del Nord e quindi del ritmo stagionale, è stato di poco più di 3.000 anni, proprio nel periodo di passaggio di cui stiamo discorrendo.
Soffermiamoci sulla Vergine e sulla sua stella Spica, che quasi certamente permise a Ipparco[47], nel 130 a.C., di individuare il fenomeno della precessione degli equinozi; Spica, stella luminosa, una delle 15 più luminose visibili ad occhio nudo, e, evidentemente osservata a lungo, tanto che l’associazione a una figura femminile con il grano si perde nella notte dei tempi, ma, a me parrebbe legittimo stabilire questa associazione, quando, dopo tutti quegli sconvolgimenti naturali, spuntarono le spighe, e l’uomo potette abbandonare la caccia e la vita da raccoglitore per dedicarsi alla coltivazione del grano; non credo si possa accettare l’ipotesi del legame con la mietitura, come talvolta, troppo spesso, si legge, legame che sarà vero al tempo di Arato, ma non in quel periodo in cui l’asse terrestre puntava verso la costellazione della Vergine, quando, evidentemente, vi cadeva l’equinozio di primavera, e la mietitura si effettuava nel periodo opposto, quando il Sole transitava nella costellazione dei Pesci. L’elemento di attrazione sta altrove, sta nell’aver individuato che la vita era in corso di profondo mutamento, quando il Nord cadeva in quella parte del cielo, quando si incomincia a mettere in relazione che la spiga e la coltivazione dei grani seguono un andamento simile a quella che era la gravidanza e il parto presso gli umani, che, fra l’altro, nel diventare stanziali, incontrava molte minori difficoltà ad essere portato a termine, e il parto degli animali, che si possono allevare, animali non più da temere e cacciare, ma docili al partecipare alla vita degli uomini, concedendo loro ciò che essi, ben tenuti e ben nutriti dalle erbe che spuntano nei campi, sono in grado di offrire. Ecco come si proietta il nome spiga, che diviene la dea Spica che governa le messi, e, man mano che nel corso dei millenni si giungerà al periodo delle osservazioni colte presso i sumeri e gli indiani, l’associazione costellazione della Vergine e Spiga, figura femminile, procreatrice, che nutre, si arricchisce di narrazioni, e man mano che l’asse terrestre si sposta e la raccolta sarà possibile in un tempo quasi simile a quello che si avrà nell’era dei Pesci, dove tuttora ancora permaniamo, sebbene siamo all’ultimo grado, maturano le tradizioni religiose e mitologiche: il nostro mondo, che da quel mondo trae origine, aveva avuto ben chiaro che la ricchezza per la forza del genere umano passava dai grani e dall’agricoltura; cosa che è rimasta praticamente così fino a meno di cento anni fa. E aveva anche potuto osservare che gli animali più adatti all’allevamento sono erbivori, e di conseguenza altrettanto chiaro fu che senza i grani e le erbe non era possibile l’allevamento. Non è dunque casuale che la Vergine sia segno di terra, il suo geroglifico più antico rappresenta la lettera M, che simboleggia l’Acqua dell’Abisso primordiale[48], e il suono di questa lettera corrisponde al segno grafico che in Egitto rappresentava l’acqua primordiale[49]. L’acqua che sacralizza, cioè è manifestazione del divino, è parte di tutte le tradizioni religiose[50]. La M del geroglifico è la radice reperibile in tante parole che rimandano all’alimento celeste, a partire dalla più nota manna, nella narrazione biblica, sulla quale vale la pena soffermarsi a riflettere che la manna è il nutrimento delle persone che sono passate in una parte di terra, emersa e subito dopo il passaggio sommersa dalle acque; persone alla ricerca di un’altra terra dove insediarsi: il valore simbolico di questa narrazione che contiene l’acqua che separa gli uni dagli altri, che chiude un canale di comunicazione, e che vede gli uomini cercare una stanzialità, mi pare di assoluta pertinenza con la nostra indagine[51]; possiamo ancora riferirci al termine sanscrito manas, che indica la facoltà di discernimento, nutrimento essenziale dell’intelligenza; la radice sanscrita ma forma il nome matri, che è insieme colei che misura, colei che dispensa, ciò che genera; in ebraico la radice ma...indica tutto ciò che tende all’ingrandimento, la possibilità di tutte le cose, riempire lo spazio[52]. Da tutto questo proviene il latino mater.
Alla luce di questo percorso si interpreta la descrizione di Arato, che inizia dicendo...sotto i piedi di Boote puoi scorgere//la Vergine che porta tra le mani una splendente spiga. È interessante il legame splendente con Spica che diviene Spiga; e poi la chiama figlia di Astreo, che viene detto//antico padre delle stelle, a sottolineare l’antichità di questa costellazione; poi scende in una descrizione assai penetrante...tra gli uomini corre una diversa diceria, che un tempo stava già sulla terra e si muoveva faccia a faccia con le genti umane,//senza evitare mai l’antica specie//di uomini e di donne d’altri tempi,//ma sedeva tra loro,//pur essendo immortale; si tratta di una descrizione che dà il resoconto dell’antichità, dei racconti sorti intorno a questo gruppo di stelle e al legame stretto con la gente di altri tempi, è la dichiarazione di un’antichità, ma anche di una sorta di ciclicità come Eliade intendeva; prosegue poi dichiarando che era chiamata Dike, che radunava i vecchi nelle piazze incitandoli e pronunziando le leggi, e, a questo punto, aggiunge...lontano era il pericolo del mare,//le navi non portavano da altrove il vitto quotidiano,//ma i buoi e gli aratri e proprio lei in persona,//offrivano ogni cosa in abbondanza; questa dichiarazione di un mare pericoloso e la successiva unione di buoi e aratri che rimanda all’agricoltura e all’allevamento sono un’indicazione importantissima, perché raccoglie una memoria storica millenaria, e ancora Arato aggiunge...era così fin quando dalla terra la stirpe d’oro aveva il nutrimento, quindi resoconta il passaggio alla stirpe d’argento, e infine alle guerre e alla distruzione che li fece morire tutti, e si salva la gente dell’età del bronzo, che spinse Dike…piena d’odio per quella razza umana, a volare nel cielo e pose la dimora in questa zona, dove ancora di notte appare agli uomini.//È la Vergine, posta accanto a Boote, che si lascia vedere da lontano. Arato chiude il ciclo, dalla Vergine con la spiga splendente, figlia di Astreo, chiamata tra gli uomini Dike, nel prosieguo delle vicende umane, da un’età dell’oro ad un’età del bronzo quando ritorna mitizzata nel Cielo. Questo percorso non sarebbe altrimenti comprensibile se non partiamo dalla costellazione della Vergine che accompagna gli eventi di cui abbiamo parlato.
Segni di un percorso che lega strettamente il Cielo, lo Spazio di tutte le cose e la Terra, parte di tutte queste cose. Si misura il Cielo perché occorre decodificare i suoi messaggi, che sono messaggi divini. Si instaura un rapporto che è prima di ogni altra cosa sacrale; si trarrà da questo rapporto ciò che poi diventerà pratica esistenziale e, infine, si coglierà l’aspetto previsionale, che a sua volta diventerà divinazione.
Questo tipo di indagine, guardando ad un tempo preciso è l’unico possibile per comprendere il simbolismo che si evolve fino ad essere fermato e fissato nello Zodiaco. Uno degli aspetti dell’Aquario[53] è l’Acqua, considerazione conseguente all’essere il segno legato alla stagione della pioggia, anche Sicuteri scivola in questo svarione[54] quando sostiene che gennaio e febbraio sono stagione di piogge, il che non è vero, questi mesi sono piuttosto segni di neve, di gelo. Se ritorniamo a valutare quel transito, pieno d’acqua e destinato a rimodellare la specie umana oltre la crosta terrestre, che sappiamo che il punto vernale avveniva in Vergine, l’Aquario si colloca alla fine dell’estate, e allora sì che abbiamo la stagione delle piogge; il geroglifico comunemente utilizzato è l’ideogramma egizio dell’Acqua, ripetuto due volte, ad indicare l’Abisso Originario, la potenzialità dell’acqua che dissolve e che favorisce la rinascita. Nello zodiaco del secondo Ermes, l’Aquario è rappresentato da una figura che ha molte mammelle dalle quali zampilla il nutrimento, ma potrebbe essere anche semplicemente l’acqua che scende in abbondanza, ed è chiamato anche Canopus, nome della stella più brillante dopo Sirio. Interessante rilevare che, nel periodo che ho preso in esame, quindi tra 12.000 e 8.000 anni fa, per la sua posizione segnava il polo Sud. Questa tradizione nella liturgia ebraica, che, al contrario di quella indiana, che praticando il calcolo della precessione degli equinozi aggiorna necessariamente lo scandirsi dell’equinozio di primavera, ha mantenuto, attraverso la correzione del calendario lunare, l’inizio dell’anno, rosh hashanah, nel periodo del segno della Vergine. Il passaggio alla fase in cui l’asse terrestre guarda verso la costellazione del Leone è la fase in cui gli uomini “scoprono” il Sole; i più antichi e noti resti umani a Stonehenge risalgono all’8000 circa a.C.,
il fisico Stephen Hawking aveva stabilito, propriamente, che esso puntasse al solstizio d’inverno e non a quello d’estate, come i templi egizi[55], e, sull’evoluzione della misurazione dei movimenti del sole, si connota tutta la fase che giunge intorno al II millennio a.C.; in questa fase matura la civiltà egizia, che farà del Sole il suo regno…io sono Ra, io sono Atum, sono il Signore dell’Eterno, sono la trave che sostiene l’eternità. Gli egizi maturano una religione astrale di straordinaria ricchezza, nella quale l’intero universo era un unico stato cosmico, all’interno del quale il Sole svolge un ruolo fondamentale; si tratta di un percorso millenario che giunge al suo apice con la rivoluzione solare monoteistica di Akhenaton; in questo percorso gli egizi maturano l’idea che le stelle sono lontane, ma nessuno può sapere quanto realmente lontani fossero, questa visione li porterà ad una conoscenza che non si fonda sulla matematica per conoscere i movimenti precisi, perché i movimenti delle stelle sono i movimenti degli dei…osservando il cielo si era spettatori di un dramma divino, e attraverso i loro rituali, i sacerdoti vi partecipavano attivamente[56]. Agli egizi non interessano le durate dei cicli planetari, studi tanto cari ai babilonesi, e nemmeno le spiegazioni matematiche e geometriche tanto care ai greci, agli egizi interessa il movimento del sole e di alcune altre stelle, in modo particolare almeno nella fase iniziale, perché da lì discende la piena del Nilo, la ricchezza e il potere. Il Sole è associato, fin dalla notte dei tempi, al segno del Leone, nei più antichi zodiaci, in diverse forme, il Leone è sempre presente; nello Stendardo di Giuda il Leone occupa la centralità dello zodiaco, ed è l’emblema del destino umano, sul quale sono state scritte intere opere, e a quelle rimando, ricordando che l’origine degli elementi che formeranno questo stendardo sono reperibili nel primo libro della bibbia, Genesi, che rimanda ad avvenimenti dell’inizio del II millennio a.C. Un poco più indietro nel tempo, nella cultura arya, che si consoliderà nei Veda, si ha la prima notizia di un culto solare, non dunque osservazione solare, tuttavia, l’assenza di informazioni sui monumenti in Inghilterra, Stonehenge o Silbury Hill, o simili dello stesso tempo, o del sito di Goszek, databile fra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C., non può farci escludere che, insieme al calcolo del percorso solare, non esistessero liturgie sacrali. Nella cultura vedica abbiamo un preciso riferimento al culto solare: il Sole è chiamato con oltre cento nomi, i più noti dei quali sono surya, anima di tutto ciò che vive, egli è onorato come principio sostentatore, la sua benefica influenza purifica i suoi adoratori e ne prolunga la vita; aditya o adity è il primo, l’inizio, la sorgente; insieme a un altro nome, yanti, colui che precede e colui che procede, sono anche i nomi dati ad indicare il ritmo che procede nel corso dei dodici mesi dell’anno, il che, ancora una volta, rimanda all’aver individuato e mantenuto un’idea di percorso calendariale annuale, che di è fatta strada via via, quando l’asse terrestre puntava nel segno del Leone.
Andreas Cellarius, Harmonia macrocosmica seu atlas universalis et novus, totius universi creati cosmographiam generalem, et novam exhibens. Solis circa orbem terrarum spiralis revolutio, 1661 |
Lo Zodiaco si definisce e perdura per tutta l’era dei Pesci[57], è stato organizzato per arrivare a questa definizione, durante l’era dell’Ariete, si è predisposto ad essere organizzato dall’era della Vergine, transitando per quelle del Leone del Cancro e dei Gemelli[58].
Questo percorso, di cui ho dato alcuni tratti, e dove si sono addentrati copiosamente tanti autori, ed in particolare Nicholas Campion e Marceline Senard, è possibile che facesse riferimento anche a memorie maturate da esperienze di uomini che avevano vissuto nei millenni precedenti, ovvero prima della fine dell’ultima glaciazione, e potrebbero alcune di queste memorie indurci a riflettere sulla presenza dell’uomo sulla terra[59]; nei Veda, i riferimenti a viaggi di divinità che dal Cielo arrivavano a sostenere e a istruire gli uomini[60] potrebbero essere la memoria di una realtà o forse anche solo proiezioni dell’umano che colloquia con le divinità celesti, che lui stesso ha immaginato, guardando il cielo; la qual cosa conferma però che non è stata l’umanità a proiettare nel Cielo ciò che avveniva sulla terra, ma è stato il Cielo, con gli eventi che produce, a indicare cosa guardare[61], quali elementi naturali mettere in relazione, quali emozioni dal Cielo potessero provenire, sia di sgomento sia di terrore, come per le piogge terribili o i mari che si innalzano, sia del sole che favorisce la crescita e la prosperità. L’umanità ha letto il suo primo libro e ne ha intessuto le continue comunicazioni attraverso un linguaggio.
Il percorso che ho intrapreso a studiare, e che qua condivido in parte, è indicativo di un viaggio lunghissimo, che ha compiuto l’Astrologia, disciplina sacra, madre non indegna dell’astronomia, compiuto per comprendere il senso dell’esistenza umana, colta e collocata nel sistema Universo, di cui il cielo è espressione evidente; canta Davide nei Salmi, rivolgendosi alla grande opera del Creato, ponendosi come uomo infinitamente piccolo difronte a Dio...i cieli narrano la sua gloria e il firmamento sempre proclama l’opera delle sue mani[62]. L’Astrologia ha cercato di cogliere il filo che lega la vita di ogni individuo con la sottile trama che lo lega all’Universo, al Creato, ha cercato di spiegare come fosse possibile interpretare la corrispondenza di ogni microcosmo con gli altri microcosmi, all’interno del macrocosmo. Inseguire come da una storta bocca che emette un primordiale suono per indicare qualcosa che accade lassù nel cielo, fino alla composizione dello Zodiaco, è un viaggio emozionante, che, indegnamente, sto cercando di compiere.
Bibliografia essenziale
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[1] Lo zodiaco tropico ha come riferimento fisso gli equinozi e i solstizi, detto tropico dal latino tropicus, cambiamento, che tiene in considerazione il cambiamento delle stagioni. Lo zodiaco siderale si riferisci al cielo e agli astri tenendo in considerazione la precessione degli equinozi, chiamato così dal latino sidera, stelle.
[2] Il calcolo, che tiene conto esattamente della velocità della precessione degli equinozi, ci indica che i due zodiaci si sovrappongono ogni 26.000 anni. Il processo che porta alla sovrapposizione e poi alla distinzione dura svariati secoli, a seconda dell’interpretazione che ne viene proposta.
[3] Il computo della differenza di longitudine tra i due zodiaci è da tempo immemorabile e tuttora ampiamente discusso, e i differenti calcoli portano a differenze, seppur non sostanziali, ma comunque di cui bisogna tenere conto. Nella tradizione astrologica indiana e nella moderna astrologia siderale, sono tre le principali correnti interpretative che applicano la cosiddetta ayanamsha, calcolo della precessione, e che porta a una differenza di pochi gradi; la corrente che risale al grande astrologo B. V. Raman, per il 1950 calcola un ritardo di 21°42’ rispetto allo zodiaco tropico; la corrente astrologica che è stata ufficialmente riconosciuta dal governo indiano su proposta dell’astrologo N. C. Lahiri, calcola un ritardo di 23°09’; la moderna corrente di astrologia siderale si ispira agli studi di C. Fagan e D. A. Bradley e calcola un ritardo di 24°02’. Come si comprende, la differenza è di 2°20’.
[4] In buona sostanza, il cielo, così come è oggi descritto nell’astrologia occidentale, non corrisponde più alla volta celeste reale, continuando a fare riferimento alle posizioni delle costellazioni così come apparivano “realmente” nel II secolo d.C.
[5] Aggiornamento, peraltro, che da qualche decennio è stato ripreso in considerazione e utilizzato dalla corrente astrologica, che oggi appunto si chiama astrologia siderale. Cfr. Paolo Bashir Ansaloni, Astrologia Siderale, Canali di Venexia, 2011.
[6] Tolomeo recepiva la definitiva stabilizzazione dello zodiaco attuata in Babilonia ai tempi di Ciro il Grande nella seconda metà del VI secolo a.C. Tuttavia, la più antica testimonianza di uno zodiaco si trova in una tavoletta lunare datata al 475 a.C. (tavoletta Vat. 4924).
[7] Non si deve confondere lo Zodiaco di Tolomeo, con il cielo di Tolomeo, il quale resta la visione che ognuno ha effettivamente guardando il cielo dalla posizione in cui si trova, perché l’apparire è legato alla centralità prospettica di chi guarda.
[8] Di Vettio Valente conosciamo quel poco che di sé stesso ha scritto nella sua opera Antologie; nato ad Antiochia di Siria nel 120 d.C., la data della morte, fissata nel 170, è però poco certa. Visse e studiò astrologia in Egitto, dove scrisse i suoi libri a scopo puramente didattico, in contrapposizione alle opere di Claudio Tolomeo, proponendo una visione dell’astrologia come conoscenza di quanto era già predeterminato: la conoscenza di quella che viene proposta come una determinazione assoluta, doveva assolvere il ruolo di soddisfare emotivamente e adeguarsi in modo quasi mistico ai voleri del destino.
[9] La sua opera è importante soprattutto perché riporta il pensiero di tanti autori a lui precedenti di cui non ne è rimasta traccia, appartenenti a quella tradizione astrologica egizia che richiamava così tanti studiosi come lui stesso; si ricordi in particolare il faraone Nechepsos (... – 672 a.C.), terzo sovrano della XXVI dinastia egizia, e Petosiris (... – dopo il 323 a.C.), sacerdote egizio vissuto durante la XXX dinastia, che resse l’Egitto tra il 380 e il 343-2 a.C., e sotto la successiva invasione persiana (343-2 a.C.) e macedone (332 a.C.); l’aspetto originale e interessante della sua opera risiede nella lingua, ricca di espressioni e costrutti plebei, e nelle narrazioni di avvenimenti esposti a conferma degli oroscopi, talvolta dense di umorismo. L’opera è stata tradotta da Giuseppe Bezza da Vettii Valentis Antiocheni Anthologiarum libri novem (I, 2), ed. D. Pingree, Leipzig 1986, pp. 5-13.
[10] L’Ariete è assertivo e favorisce il ruolo di capo; il Toro esprime solidità e prosperità; i Gemelli sono grandi parlatori; il Cancro è amante del piacere e della compagnia (in questo segno in realtà ci si è un poco discostati da questo profilo); il Leone è regale e virtuoso; la Vergine è modesta e metodica; la Bilancia ama la giustizia; lo Scorpione è noto per la sua reticenza e slealtà; il Sagittario è generoso; il Capricorno è un grande lavoratore; l’Aquario è piuttosto infido e persino disonesto; i Pesci sono mutevoli e popolari.
[11] Le correnti contemporanee del periodo successivo alla seconda guerra mondiale, si possono suddividere grossolanamente in due filoni: quelle che ha recuperato, in modo critico, tanta parte dell’astrologia antica e l’ha riesaminata alla luce delle nuove osservazioni astronomiche, e si è avvalsa di nuove tecniche di analisi e di confronto, come la statistica; l’altra ha visto prevalere lo spessore antropologico e psicologico e ha mirato a individuare nell’astrologia e nel Tema Natale un riflesso di possibilità e di limiti, da cui l’individuo può trarre indicazione per importare la propria esistenza.
[12] Da considerare comunque che sulla datazione di questi reperti c’è ancora molta discussione fra gli storici.
[13] Lo Zodiaco di Dendera è stato definito “l’unica mappa completa di un cielo antico di cui disponiamo” (Cfr. J. H. Rogers, Origins of the ancient constellations: I, The Mesopotamian Traditions, in Journal of the British Astronomical Association, vol. 108, 1998, pp. 9–28. Secondo le interpretazioni coeve al suo ritrovamento, avrebbe costituito la base per gli studi astronomici dei tempi successivi. Sicuramente si può affermare che i reperti conosciuti come zodiaco di Dendera, che sono in realtà più di uno, sono una combinazione di immagini di derivazione babilonese e di tradizione astrologica egiziana (Cfr. N. Campion, La nascita dell’astrologia, Astrolabio, 2010, pp. 201-202).
[14] Oggi purtroppo perduto, ne resta solo una descrizione nell’opera monumentale affrontata a seguito della campagna d’Egitto di Napoleone, “Description de l’Egypte, ou recueil des observations et des recherches qui ont été faites en Egypte pendant l’expédition de l’armée française”, Campion, nel suo libro, lo data al tempo di Tolomeo III (246-221), avvalendosi di una serie di studi che cita in nota.
[15] Anassimandro (Mileto, 610 a.C. circa – 546 a.C. circa) è stato un filosofo greco presocratico, è considerato il primo cartografo.
[16] Anche se si ritiene che più antica sarebbe stata la sfera di Enopide di Chio, le cui informazioni precise sono però databili un secolo dopo.
[17] L’Atlante Farnese è una scultura ellenistica in marmo alta 1,85 m, databile al II secolo e custodita nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
[18] Vi sono una serie di frammenti di sfere con indicazione di parti dello zodiaco, la più parte delle quali sono conservate al museo nazionale del Louvre, ma sulle quali la critica ha ormai assodato appartenere al II-III secolo d.C., ma la loro conoscenza non aiuta a definire il problema della formazione dello zodiaco.
[19] Il Planisfero, comunque, appartiene anch’esso, presumibilmente al II secolo d.C. Rinvenuto a Roma nel corso degli scavi durante il Settecento, è una lastra, che mostra frammenti superstiti di un planisfero che incorpora la cosiddetta “Sfera Barbarica”, la raffigurazione delle costellazioni greche, egizie e mesopotamiche. Al centro vi sono le costellazioni dell’Orsa Maggiore e Minore e il Drago. Nei quattro circoli sono raffigurati le immagini dello zodiaco caldeo, due zodiaci greci, una zona con numeri che indicano le influenze planetarie sui singoli segni dello zodiaco e, infine, i decani egizi (le divinità che presiedono alle sequenze di 10 giorni), ognuno col proprio nome. Sul circolo esterno, i volti dei decani greci o delle personificazioni delle sette divinità planetarie. Oggi si trova al Museo del Louvre.
[20] Arato nacque a Soli, in Cilicia, regione corrispondente alla parte sud della Turchia prospicente l’isola di Cipro, nel 315, e morì presumibilmente nel 240 a.C.; è stato un poeta greco, definito dai contemporanei poeta cosmico. Studiò ad Atene presso il filosofo Perseo e successivamente si stabilì in Macedonia, dal re Antigono Gonata, dove godette di una certa simpatia in qualità di poeta di corte e conobbe anche altre personalità di rilievo, quali Antagora di Rodi, Alessandro Etolo e Nicandro di Colofone. Nella stessa corte egli si dedicò alla correzione di Iliade ed Odissea, avendo approfondito la conoscenza della lingua e dello stile di Omero grazie al maestro Dionisio di Eraclea. Inoltre, frequentò le lezioni di matematica del filosofo edonista Dionisio e del maestro Aristòtero.
[21] Il poema didascalico consta complessivamente di 1154 versi divisi in due parti: Phainòmena la prima, Diosemeîa la seconda, da cui i termini Fenomeni e Pronostici con cui furono già chiamate da Cicerone. Per quanto concerne l’etimologia del lemma Diosemeîa, in base alla sfumatura di significato che assume il “semeiòn”, può essere intesa in doppio senso, vale a dire “Costellazione del Cielo” o “Segnalazione del Cielo”.
[22] Iliade, Libro XVIII, vv. 478-608, tradizionalmente datata, sia pur con molte discussioni, al 750 a.C. circa.
[23] Di questo materiale a disposizione, dà riscontro attento Campell, nel suo pregevole lavoro La nascita dell’Astrologia, Astrolabio, 2010.
[24] Questi reperti sono indicazione di un progressivo metodo di misurazione del tempo; alcuni riferimenti a divinità sono una indicazione di un progressivo accostare deità a pineti e costellazioni.
[25] I Veda sono considerati i più antichi documenti, scritti, dello spirito umano di cui siamo in possesso; Wilson, uno dei più grandi studiosi di filosofia indiana del secolo scorso ha scritto…quando i testi del Rgveda e dello Yajurveda saranno completati, noi saremo in possesso di materiali sufficienti per una giusta valutazione dei risultati che ne deriveranno, e dell’effettiva condizione, sia politica che religiosa, degli indù in un’epoca coeva alle più antiche testimonianze fin’ora conosciute dell’organizzazione sociale, di gran lunga anteriore al sorgere della civiltà greca, antecedente alle più antiche vestigia scoperte dell’impero assiro, contemporanea probabilmente solo ai più antichi scritti ebraici e posteriore soltanto alle dinastie egiziane, di cui tuttavia si conosce ancora ben poco oltre ai semplici nomi. I Veda ci forniscono abbondanti informazioni in merito a tutto ciò che più ci interessa per lo studio dell’antichità. Wilson scriveva nella metà dell’Ottocento circa; oggi i Veda sono stati, per la più parte, codificati, e in grande misura tradotti in inglese, e quindi resi accessibili anche ad una vasta cerchia di studiosi, e sappiamo che la tendenza dell’attuale storiografia è di retrodatarli rispetto alla datazione che ne dava Wilson. I Veda sono quattro Rg, Yajur, Sama, Atharva; il quarto non è coevo agli altri tre.
[26] E. Cassirer, La filosofia delle forme simboliche - Vol. 2, Il pensiero mitico, La Nuova Italia, 1994, pag. 94.
[27] Cfr. Il Libro de’ Salmi, Rav Meir Halevì Letteris, Testo ebraico e traduzione italiana, Introduzione di Dante Lattes, Edizione digitale di www.torah.it, 2010. Il testo integrale è tutto di particolare rilievo, ne propongo la traduzione della C.E.I.:
1Al maestro di coro. Sul canto: «I Torchi...».
Salmo. Di Davide.
2O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
3Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.
4Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
5che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne curi?
6Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
7gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
8tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna;
9Gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
che percorrono le vie del mare.
10O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.
[28] (Tebe, 1375 a.C. circa – Akhetaton, 1334/1333 a.C. circa), faraone egizio della XVIII dinastia. Celebre per aver tentato di introdurre una nuova religione di stampo pseudo monoteistico, ritenendo Aton, il dio sole, un unico dio che comprendeva le tradizionali divinità egizie.
[29] Pongo in nota i due testi, l’Inno al Sole e il Salmo 104, per un’interessante lettura che consenta il confronto:
Inno al Sole
Magnifico risplendi tu
Sull’orizzonte del cielo, Tu sole vivente
Che determini la vita!
Tu sorgi dall’orizzonte d’oriente
E colmi ogni terra della tua bellezza.
Magnifico, grande e raggiante,
alto sopra tutti i paesi della terra.
I tuoi raggi abbracciano le nazioni
Fino al termine di tutto quello che hai creato.
Tu sei Ra quando raggiungi i loro confini
E li inclini per il tuo figlio amato.
Sei lontano, ma i tuoi raggi sono sulla terra;
sei nel suo volto, ma la tua via è inesplorabile.
Quando riposi oltre l’orizzonte occidentale,
il mondo è immerso nelle tenebre,
a somiglianza della morte.
I dormienti sono nelle stanze
Con il capo velato e nessun occhio scorge l’altro.
Tutti gli averi che tengono sotto la testa vengono loro rubati -
Non se ne accorgono.
Ogni animale da preda è uscito dal proprio covile
E tutti i serpenti mordono.
L’oscurità è una tomba,
la terra giace attonita,
poiché il suo creatore è tramontato all’orizzonte.
Al mattino però eccoti di nuovo al di sopra dell’oriente
E brilli come sole nel dì;
scacci le tenebre e scocchi i tuoi raggi.
Le Due Terre sono ogni giorno in festa,
gli uomini sono desti
e si levano in piedi, poiché tu li hai fatti alzare.
Il loro corpo è pulito e hanno indossato abiti,
le loro braccia si levano in preghiera al tuo sorgere
la terra intiera compie la sua opera.
Tutto il bestiame si pasce del proprio foraggio,
alberi ed erbe verdeggiano.
Gli uccelli hanno lasciato i nidi,
i loro voli lodano il tuo Ka.
Tutti gli animali selvatici stanno all’erta,
tutto ciò che si agita e ondeggia nell’aria vive,
poiché sei sorto per loro.
Le grandi barche risalgono la corrente
E poi la ridiscendono,
ogni viaggio è aperto dal tuo sorgere.
I pesci nell’acqua saltano dinnanzi al tuo apparire,
i tuoi raggi penetrano nel fondo del mare.
Tu che fai germinare il seme nelle donne,
Tu che procuri “il liquido” agli uomini
Tu che mantieni in vita il figlio nel corpo di sua madre
E lo acquieti così che le sue lacrime si asciughino -
Tu, balia nel corpo della madre! -
Tu che doni il respiro
Perché tutte le creature possano vivere.
Quando il bimbo esce dal corpo della madre
E respira nel giorno della nascita,
gli apri la bocca completamente
e ti preoccupi di quel che a lui serve.
Al pulcino nell’uovo,
Che già si fa sentire nel guscio - Tu concedi l’aria e lo fai vivere.
Hai stabilito per lui il momento
Quando è tempo di rompere il guscio;
ed esce allora dall’uovo
per rispondere al termine fissato,
cammina già sui suoi piedi, quando esce dall’uovo.
Quanto sono numerose le tue opere
Che si nascondono allo sguardo,
tu unico dio, del quale non esistono eguali!
Hai creato la terra secondo il tuo desiderio, da solo,
con uomini bestiame e ogni animale,
con tutto quello che sta sulla terra,
con tutto quello che si muove sui piedi
con tutto quello che sta in alto e si muove con le ali.
I paesi stranieri di Siria e Nubia,
e con essi la terra d’Egitto -
hai collocato al posto dove si trovano e ti preoccupi dei loro bisogni,
tutti hanno nutrimento e il termine della loro esistenza è stabilito.
Le lingue sono diverse nei discorsi
E così pure i lineamenti;
il colore della pelle è differente, poiché tu distingui i popoli.
Nel mondo sotterraneo crei il Nilo
E lo porti poi in superficie a tuo piacimento,
per mantenere in vita gli uomini che tu hai creato.
Sei il signore di tutti che per tutti si affatica,
tu padrone di ogni terra che per te si schiude,
tu sole del giorno, potente nell’alto!
Tu mantieni in vita anche le terre più lontane,
hai posto un Nilo anche nel cielo
perché possa giungere a loro
e infrangere onde sui monti, come il mare
e rendere umidi i loro campi con ciò di cui hanno bisogno.
Quando sorgi essi si risvegliano e rivivono per te.
Crei le stagioni perché le tue creature si possano sviluppare -
L’inverno, per dar loro frescura,
il caldo dell’estate perché godano della tua presenza.
Hai posto lontano il cielo per salire fino a lui
E osservare tutto quello che hai creato.
Sei unico quando sorgi,
in tutte le tue forme di apparizione come Aton vivente,
che brilla e risplende,
lontano e vicino;
tu crei milioni di esseri da te solo - Città, villaggi, e campi coltivati,
ruscelli e fiumi.
Tutti gli occhi si vedono di fronte a te,
quando ti levi sulla terra come sole del giorno.
Quando tramonti, il tuo occhio non è più qui,
quello che tu hai creato per loro,
così non vedi te stesso come unico, ciò che hai creato - anche allora resti nel mio cuore
e non c’è nessuno che ti conosce
al di fuori di tuo figlio Neferkheprure Uanre
al quale hai fatto conoscere il tuo essere e la tua forza.
Il mondo sorge al tuo cenno, come tu lo hai creato.
Quando ascendi nel cielo essi vivono,
quando tramonti, essi muoiono;
sei il tempo stesso della vita, tutti vivono per te.
Gli occhi posano sulla bellezza fino a quando non scompari,
ogni opera viene tralasciata quando declini ad occidente.
Colui che si leva rafforza ogni braccio per il re
E ogni piede si affretta.
Da quando hai creato il mondo, lo fai sorgere
Per tuo figlio che è nato dal tuo corpo,
il re del duplice Egitto, Neferkheprure Uanre,
Figlio di Ra, che trae vita da Maat,
il signore del diadema, Akhenaton, grande nella sua esistenza,
e la grande sua sposa e regina, che egli ama,
la signora di entrambi i paesi, Nefertiti,
che è piena di vita e giovane
per tutta l’eternità.
Testo tratto da: “Akhenaton - La religione della luce nell’Antico Egitto” di Erik Hornung, pubblicato da Salerno Editrice.
Salmo 104
Benedici il Signore, anima mia,
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Rivestito di maestà e di splendore,
avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda,
costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento;
fai dei venti i tuoi messaggeri,
delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.
Hai fondato la terra sulle sue basi,
mai potrà vacillare.
L'oceano l'avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne.
Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato.
Emergono i monti, scendono le valli
al luogo che hai loro assegnato.
Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
non torneranno a coprire la terra.
Fai scaturire le sorgenti nelle valli
e scorrono tra i monti;
ne bevano tutte le bestie selvatiche
e gli ònagri estinguono la loro sete.
Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
cantano tra le fronde.
Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
con il frutto delle tue opere sazi la terra.
Fai crescere il fieno per gli armenti
e l'erba al servizio dell'uomo,
perché tragga alimento dalla terra:
il vino che allieta il cuore dell'uomo;
l'olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.
Si saziano gli alberi del Signore,
i cedri del Libano da lui piantati.
Là gli uccelli fanno il loro nido
e la cicogna sui cipressi ha la sua casa.
Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iràci.
Per segnare le stagioni hai fatto la luna
e il sole che conosce il suo tramonto.
Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
e chiedono a Dio il loro cibo.
Sorge il sole, si ritirano
e si accovacciano nelle tane.
Allora l'uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.
Quanto sono grandi, Signore,
le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature.
Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero
animali piccoli e grandi.
Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato
perché in esso si diverta.
Tutti da te aspettano
che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
tu apri la mano, si saziano di beni.
Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
La gloria del Signore sia per sempre;
gioisca il Signore delle sue opere.
Egli guarda la terra e la fa sussultare,
tocca i monti ed essi fumano.
Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare al mio Dio finché esisto.
A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.
Scompaiano i peccatori dalla terra
e più non esistano gli empi.
Benedici il Signore, anima mia.
[30] Sulla complessa datazione dei Veda, si ha un’ampia e dettagliata panoramica su I Veda - La millenaria conoscenza spirituale indiana, a cura di Giorgio Cerquetti e Parama Karuna Devi, Om Edizioni, 2012.
[31] RgVeda è una delle quattro suddivisioni canoniche dei Veda. Il nome può essere reso con “Inni dei Veda” o “Inni della Conoscenza”, essendo il sostantivo ṛgveda composto da ṛc (“inni” o “strofe”) e veda (“sapienza” o “conoscenza”).
[32] Inno 4
Il Costruttore di forme perfette,
per il progresso ogni giorno invochiamo,
come chiama un fattore le sue vacche.
Bevitore di Soma, vieni a bere;
in noi, la crescita del sommo Indra,
nella sua estasi, apporta la Luce.
Fa’ che possiamo conoscere a fondo
i tuoi stessi pensieri; vieni, mostrati,
non essere per noi inaccessibile.
Andiamo oltre! Il lesto e invitto Indra
dalla chiara visione, va invocato:
suprema gioia concede ai suoi cari.
I Restrittori possano ammonirci:
«Avanti, conquistate altri Dominî,
tutte le azioni poggiando su Indra».
E gli attivi Guerrieri dirci possano
benedetti, compiendo noi l’azione
e dimorando nella pace d’Indra.
Questo Soma portiamo al sommo Indra,
gloria di yajña e piacente agli dèi,
Indra incitando, Amico che dà gioia.
Bevendo questo Soma, Indra possente,
diventi l’uccisore degli Ostili,
l’opulenza mentale proteggendo.
Tu, tesoro del ricco, ci arricchisci",
o Indra dall’azione multiforme;
le tue Abbondanze lasci a noi godere.
Colui che è gioia nel suo stesso Vasto,
è il Protettore e l’Amico di quanti
spremono il Soma: a lui leviamo il canto.
[33] Inno 7
Indra è lodato dai cantori in estasi
e da quelli del Verbo illuminante
e del Logos interno dell’Offerta.
Indra a noi viene con i suoi Corsieri
alla Parola aggiogati - il dio Indra,
l’armonizzante, il Tonante dorato.
Indra, per palesarlo da lontano,
il Sole fece ascendere nel Cielo
con i suoi Raggi, al di là della Roccia.
O invincibile Indra, preserva
questi nostri Tesori inestimabili
con la tua inesausta protezione.
Indra invochiamo noi, per le Ricchezze
grandiose e per le piccole; col vajra
viene qui, quando Vṛtra si avvicina.
Il dio disperde i nebulosi ammassi
della natura frontale irrequieta;
o Donatore, rivelati a noi!
In me, a ogni moto, elogi sorgono
al tonante dio Indra; ma non riesco
a trovare per lui lodi adeguate.
Come il toro che eccita le mandrie,
Indra esorta i cantori al suo Potere
- Indra, Signore che nessuno ostacola.
Regna su tutte le varie Abbondanze,
il solo Ordinatore delle azioni
- Indra, Sovrano dei cinque Dominî,
Indra, che tutto sovrasta, è invocato
dai cercatori; possa egli essere
l’oggetto della nostra adorazione.
[34] L’allusione ai domini riguarda i 5 elementi costitutivi del tutto, Panchamahabhuta: akash, etere, vayu, aria, tejas, fuoco, jala, acqua, prithvi, terra. Cfr. Guido Nathan Zazzu, Ayurveda, La Via, la Verità la Vita, Om Edizioni, 2021.
[35] Tralascio la ricchezza del più tardo mondo babilonese, assai noto e frequentato dagli studiosi della materia.
[36] Cfr. Nicholas Campion, La nascita dell’astrologia, Astrolabio, 2010, che fornisce un interessante panorama anche sulle differenti impostazioni critiche; un altro testo di particolare interesse, è Michael Cremo, Le origini segrete della razza umana, Om Edizioni, 2008.
[37] Il fatto che lo zodiaco siderale aggiorni la posizione dei luminari e delle stelle non cambia la fissità zodiacale, che è sempre di 30° per ogni segno.
[38] Questo percorso lunghissimo giunge fino a noi, almeno in alcune fasce di popolazione, ma è quasi superfluo dire che il rapporto sacrale dell’uomo con il cielo, presente in così tante culture, religioni, civiltà, è da poco che è entrato in crisi, ed anche, occorre pur dirlo, che tanta parte dell’astrologia è diventata mera divinazione, priva di qualsiasi afflato spirituale che rimandi alla relazione dell’uomo con l’universo, e talvolta è priva persino della sua essenziale capacità di portare l’individuo verso la consapevolezza di sé, delle sue opportunità e dei suoi limiti entro i quali condurre, evolvendo, la propria vita, limitandosi spesso a rispondere alle domande su fortune e amori possibili o impossibili.
[39] Liberamente tratto da M. Eliade, Il mito dell’eterno ritorno - Archetipi e ripetizioni, Editions Gallimard, Paris, 1969.
[40] C. Michel, La geographie des cieux: aux origines du zodiaque, in astrologie en mesopotamie, Les dossiers d’archeologie, n.191, Mars, 1994, Ed. Faton, France.
[41] N. Campion, cit. passim.
[42] Eliade, cit. pag. 60.
[43] La preoccupazione dei nostri giorni, relativamente alla modificazione climatica, riguarda trasformazioni che, per quanto possano talvolta incidere pesantemente, sono minimali rispetto agli sconvolgimenti provocati dalla fine dell’ultima era glaciale. La nostra società ha raggiunto un’evoluzione che le consente di prevedere e di correggere eventualmente gli accadimenti naturali; questo aspetto dovrebbe farci riflettere molto su quanto possa essere stata la reazione di uomini che non avevano nessuna capacità di intervenire e di contrastare eventi naturali; si consideri ancora che l’assenza di comunicazioni, così come noi le concepiamo alla luce delle nostre acquisizioni tecniche, doveva far sentire ogni gruppo preda di una solitudine impressionante.
[44] L’inondazione preistorica del Mar Nero, o ipotesi Ryan-Pitman, è una teoria che propone un’inondazione repentina e catastrofica del Mar Nero da parte di acque provenienti dal mar Mediterraneo, avvenuta intorno al 7150 a.C. o intorno all’8500 a.C., che tra l’altro avrebbe dato anche origine alla narrazione mitologica del diluvio universale.
[45] Oggi, la critica concorda che il Diluvio Universale sia stato soltanto un modo in cui differenti popoli hanno vissuto un evento catastrofico, limitatamente alle loro possibilità di valutazione; in buona sostanza popoli distanti fra loro, possono aver percepito che quello che stava loro accadendo fosse globale e universale. Questo però non mette in discussione che alla fine del pleistocene e nel passaggio all’olocene, ci siano stati numerosi eventi che hanno come comune denominatore lo stesso fenomeno, percepito e vissuto in modi differenti, anche probabilmente dai vari popoli, in ragione delle differenti aree geografiche in cui vivevano. Ci sono dati sui quali ormai c’è un sostanziale accordo, che rimandano a quella lunga fase a cavallo delle due ere.
[46] La costellazione si trova a cavallo dell’equatore celeste, a nord della coda dell’Idra e del Centauro; la Vergine domina i cieli da febbraio fino a luglio, e contiene al suo interno alcune stelle molto luminose. Con un’estensione di 1294 gradi quadrati di volta celeste, è la seconda costellazione più estesa del cielo, dopo l’Idra, ma la più estesa dello Zodiaco.
[47] Ipparco di Nicea (Nicea, 200 a.C. - Rodi, 120 a.C.) è stato un astronomo, astrologo e geografo, noto principalmente per la scoperta della precessione degli equinozi. Tra i più grandi astronomi dell’antichità, nessuna delle sue opere, almeno quattordici, si è conservata, eccetto un commentario su un poema di argomento astronomico di Arato di Soli.
[48] M. Senard, Lo zodiaco applicato alla psicologia, a cura di Antonino Anzaldi, Vol. I, pag. 229, Roma, 1986.
[49] Rimando al testo di M. Senard, per chi volesse compiere un’analisi approfondita legata a questa lettera e alle sue implicazioni.
[50] Mi soffermo sulla tradizione europea precristiana, poi fatta propria dal cristianesimo, del legame dell’acqua con i luoghi sacri: quasi tutti i santuari della Vergine Maria sono stati eretti, sulla stessa area, dove si trovava un luogo di culto dedicato al principio femminile, dominatore delle acque. La cattedrale di Chartres insiste su un santuario dedicato a Iside, e così, ugualmente, accade per i santuari di Metz, di Saragozza, di Moutiers in Puisaye, di Nogent sous Coucy, e la stessa cattedrale di Notredame è un esempio plateale di questo recupero.
[51] La critica storico archeologica ha messo in dubbio la veridicità di questa narrazione; Israel Finkelstein, direttore dell’Istituto di archeologia dell’Università di Tel Aviv, ha sostenuto che “il testo biblico va solo considerato una guida della fede e non come testo storico” (cfr. Israel Finkelstein e Neil Asher Silberman, The Bible Unearthed: Archaeology’s New Vision of Ancient Israel and the Origin of Its Sacred Texts, NY, Free Press, 2002. Questo non infirma il valore simbolico della narrazione.
[52] F. D’Olivet, La Langue hébraïque restituée et le véritable sens des mots hébreux rétabli et prouvé par leur analyse radicale, ouvrage dans lequel on trouve réunis: une dissertation sur l’origine de la parole; une grammaire hébraïque; une série de racines hébraïques; un discours préliminaire; une traduction en français des dix premiers chapitres du Sépher, contenant la Cosmogonie de Moyse, 1815. Réédition: Éditions L’Âge d’Homme, Lausanne, 1985.
[53] M. Senard ricorda che questa costellazione è una delle più antiche e più grandi individuate nell’antichità, insieme alla Vergine.
[54] R. Sicuteri, Astrologia e mito, Astrolabio, 1978, pag. 101.
[55] Juan Antonio Belmonte, On the orientation of the old Egyptian Pyramids, in Archeoastronomy: Supplement to the Journal for History and Astronomy, 2001; Juan Antonio Belmonte e Mosalem Shaltout, On the Orientation of Ancient Egyptian Temples: Upper Egypt and Lower nubia, in Journal for the History of Astronomy, 36 e 37, 2006.
[56] N. Campion, cit., pag. 102.
[57] Nella quale era siamo ancora, checché ne dicano quanti hanno immaginato l’avvento dell’età dell’Aquario, che non avverrà se non fra 200 anni circa. Cfr. N. Campion, Astrologia storia e apocalisse, Astrolabio, 2007.
[58] Riporto la durata delle costellazioni per evitare che si compia l’errore di ritenerle come fossero tutte di ugual durata, stabilita statisticamente in 2000 anni circa; questo errore ha contribuito a immaginare che noi fossimo partecipi della fine dell’età dei Pesci. Vergine 3160 anni, Leone 2570 anni, Cancro 1440 anni, Gemelli 2000 anni, Toro 2620 anni, Ariete 1770 anni, Pesci 2670 anni, Acquario 1710 anni, Capricorno 2010 anni, Sagittario 2380 anni, Ofiuco 1340 anni, Scorpione 480 anni, Bilancia 1650 anni.
[59] Cfr. Michael Cremo, cit.
[60] G. R. Josyer, direttore dell’accademia internazionale di ricerche sanscrite in Mysore, nel corso di una recente intervista ha mostrato una collezione di antichissimi manoscritti di proprietà dell’Accademia. In alcuni di essi, risalenti a diverse migliaia di anni fa, compilati da antichi rishi, Bharadwaja, Narada e altri, vengono descritte vicende mondane importanti per l’esistenza e il progresso degli uomini e delle nazioni sia in tempo di guerra che in tempo di pace [..]. Uno di questi manoscritti si occupa di aeronautica, e descrive la costruzione di diversi tipi di aeroplani per l’aviazione civile e per la guerra [..]. Josyer mostra alcuni disegni e progetti, un velivolo simile ad un elicottero, ad un aereo cargo, soprattutto utilizzato per trasportare combustibile e munizioni, velivoli civili che trasportavano da 400 a 500 persone e addirittura velivoli muniti di doppio o triplo ponte, ognuno descritto minuziosamente.
[61] Ancora oggi, in tante parti del mondo, il contadino, l’agricoltore, l’allevatore, guarda il cielo per sapere quand’è il momento di seminare, di raccogliere o di trasferire gli armenti da una zona all’altra.
[62] Salmo XIX
1Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.
2I cieli narrano la gloria di Dio,
l’opera delle sue mani annuncia il firmamento.
3Il giorno al giorno ne affida il racconto
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
4Senza linguaggio, senza parole,
senza che si oda la loro voce,
5per tutta la terra si diffonde il loro annuncio
e ai confini del mondo il loro messaggio.
Là pose una tenda per il sole
6che esce come sposo dalla stanza nuziale:
esulta come un prode che percorre la via.
7Sorge da un estremo del cielo
e la sua orbita raggiunge l’altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.
8La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
9I precetti del Signore sono retti,
fanno gioire il cuore;
il comando del Signore è limpido,
illumina gli occhi.
10Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti,
11più preziosi dell’oro,
di molto oro fino,
più dolci del miele
e di un favo stillante.
12Anche il tuo servo ne è illuminato,
per chi li osserva è grande il profitto.
13Le inavvertenze, chi le discerne?
Assolvimi dai peccati nascosti.
14Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro da grave peccato.
15Ti siano gradite le parole della mia bocca;
davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore.
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