Un professore, dall’alto della sua pluridecennale carriera nei più prestigiosi licei della città, comincia a frugare nel baule dei ricordi, quando il mondo sembra doversi fermare per la pandemia. La stasi collettiva diventa occasione propizia per una complessa rivisitazione di tutto quello che è finito nel baule: un impellente bisogno di guardarsi indietro, rivedersi nel trascorrere evolutivo degli anni a contatto con il mondo della scuola. Fruga e tira fuori momenti di intensa vitalità, personale e professionale; il prof. – questa abbreviazione accompagna per sempre, ben oltre l’età della pensione, i docenti che hanno impresso la loro impronta nelle torme di studenti che hanno affollato le classi, di cui talvolta resta la fotografia a...
...documentare l’esistenza e ad evitare le confusioni mnestiche – ha la sua vita, fatta di viaggi, di studi, di letture appassionate, la più parte delle quali proviene da quella Grecia che ha stabilito i processi culturali dell’Occidente, alla quale si somma una curiosità che l’ha spinto a leggere i libri della biblioteca di Borges. Ha la sua vita, al di là del ruolo, con la quale entra in relazione con il mondo circostante, soprattutto nella scuola: il suo occhio si posa sui giovani e li guarda con l’intensità di una palpitante umanità, non esente dalle perturbazioni emotive; accade a tutti i docenti di percepire più empatia con alcuni, di provare simpatie e antipatie, di dover fare i conti con le suggestioni del fascino dei giovani adolescenti che sbocciano in bellezza; entrando nel ruolo si impara a tenere a freno la propria emotività e a lavorare con equanimità, ma il ruolo non sopprime le individuali vivacità umane. Il baule è un baule grande, dove si sono depositate le stratificazioni di una scuola che ha subìto trasformazioni che possono variamente essere interpretate a seconda della prospettiva dalla quale si osserva: una scuola che è insieme istituzione, con le sue norme, talvolta persino inconciliabili con il buon senso, e il popolo che la anima, composto da una varia rappresentazione di docenti che sono stati via via incastonati come fossero tessere di un puzzle che assomiglia ad una riproduzione di uno zoo. La scuola è uno sfondo che ritma l’evolversi della società, che produce allievi, che solo in apparenza o volutamente sono considerati diversi da quelli del passato, ma che in realtà, sollecitati in modo stimolante, appaiono realmente ancora affascinati dalla cultura che è offerta dai testi e dal teatro, come in una riproduzione di un film de l’école du regard, dove si specchiano realtà di tempi differenti, che però sono sempre uguali. La scuola è un baule nel baule, come Cosma Indicopleuste aveva immaginato il Cosmo: la scuola è quel rettangolo sovrastato dalla volta celeste, vi entrano stimoli provenienti dal viaggio, reale e immaginario che ognuno di quei personaggi, che della scuola fanno parte, vive, ha vissuto. Dal baule, da cui si osserva il cielo a distanza ravvicinata da un monastero del monte Athos, dove i monaci sono asserviti ad una stretta liturgia che esclude tutto ciò che è al di là dei confini del loro monte, si tirano fuori momenti suggestivi, che hanno il solo scopo di ricordare che si può, volendo, tornare ad un’altra visione della terra e del Cosmo, di cui la scuola è una rappresentazione icastica. Il professore cava fuori frammenti di una lunga storia, la sua, vissuta nel mondo, e la racconta, novello aedo, con un garbo raffinato, di chi è aduso a giocare con la parola; racconta, talvolta con una sottile malinconia, quella di chi vede che alcuni pezzi di noi sono perduti, passati, ma non dimenticati, talvolta con ironia, non esente da un umorismo un po’ inglese, talvolta con cinico distacco, e talvolta il sarcasmo prende il sopravvento e ci spedisce dritti a teatro, dove si racconta di Teseo e del Minotauro, e ci lega tutti, noi lettori, nel labirinto dell’esistenza.
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